Calderoli: «Con il Pdl a Roma
è proprio finita. Poi si vedrà»

Stanno ai banchi dell'opposizione, da soli. E non ci stanno male, anzi. «La Lega è tornata a far la Lega», ripetono. Più di lotta, meno di governo. Calderoli spiega: «Le proposte buone le voteremo, ma quel che sento sulle pensioni grida vendetta...».

Stanno ai banchi dell'opposizione, da soli. E non ci stanno male, anzi. «La Lega è tornata a far la Lega», ripetono. Più di lotta, meno di governo. Anzi, proprio niente di governo. Roberto Calderoli, bergamasco, coordinatore delle segreterie nazionali del Carroccio e già ministro per la Semplificazione normativa, è tornato fra gli scranni del Senato e spiega: «Le proposte buone le voteremo, ma adesso si è sentito poco e quel che si è sentito, per esempio sulle pensioni, grida vendetta...».

Poi lo sanno bene: stava per arrivare un conto salatissimo, alla Lega dalla Lega. Dalla base che mal tollera certe divisioni e certi ritardi. E c'è la faccenda dell'alleanza. Col Pdl, dice Calderoli, «adesso è finita». Poi? «Si vedrà». Intanto è fissato per venerdì 2 dicembre l'incontro di Bossi con Berlusconi. E, soprattutto, domenica a Vicenza tornerà a riunirsi il «parlamento padano», l'assemblea plenaria (o quasi) degli eletti di ogni ordine e grado.

Folclore?
«Direi proprio di no. Il Parlamento della Padania non è una cosa di poco conto. Iniziavamo ad avere perplessità sul fatto che le riforme potessero arrivare dall'alto, quindi eccoci qui. Con Vicenza inizia il periodo delle riforme dal basso».

Cosa vi aspettate?
«Non anticipo niente. Vorremmo far riacquistare al popolo la propria sovranità. Far dire alla base la sua».

A Roma state all'opposizione: vi giova?
«Siamo più sereni. Abbiamo sottoscritto un'alleanza nel 2008, preso un impegno con gli elettori rispetto a un programma. Per questo Bossi ha ritenuto di tenere fede al progetto. I primi due anni di governo sono andati bene. Dal luglio 2010, momento del problema Fini, di fatto è venuta meno la maggioranza in Parlamento. La ricerca di una maggioranza ridotta al lumicino, ogni volta, è stata una palude. Nel luglio 2010 Bossi aveva detto: andiamo al voto. Aveva ragione».

Invece è andata avanti per un anno e mezzo.
«La base della Lega ha sofferto soprattutto questo periodo. Stare in maggioranza presenta un prezzo, ma non seguivano i provvedimenti tanto attesi. Tutto doveva essere mediato, trattato, prolungato».

Gli alleati non hanno mantenuto le promesse?
«Per portare a casa il federalismo, tutto è stato più lungo del previsto, anche se dal punto di vista fiscale adesso si sarebbero visti i risultati. Però abbiamo dovuto tribolare il doppio, cercar l'intesa anche con la sinistra per andare avanti. Insomma: noi abbiamo rispettato la parola data. Poi è successo qualcosa che poco risponde allo spirito della Costituzione e della legge ordinaria, e abbiamo detto: no, grazie».

E via all'opposizione.
«Se vien meno la maggioranza, si deve tornare al voto. Qui non è andata così. C'è stata una sorta di tradimento nella nascita del governo Monti: ciascuno di noi aveva votato per avere un leader, chi Berlusconi, chi Veltroni, chi Casini. Ora il premier è una persona che nessuno ha votato».

Nel cambio della guardia ha pesato la crisi economica.
«Avevamo due obiettivi: risanamento e crescita. Il primo l'abbiamo raggiunto: l'Italia ha migliorato il deficit. Poi c'è la crescita, e qui hanno pesato, come accaduto ad altri governi, il sistema delle lobbies che tende a fermare ogni riforma strutturale».

Avete definito l'esecutivo Monti il «governo dei banchieri».
«L'impressione è che nel governo ci siano tecnici dove, per così dire, non c'è "ciccia". Nei punti chiave abbiamo persone con interessi diretti o indiretti con il sistema delle banche».

Il governo è chiamato a varare provvedimenti anticrisi. Cosa farete?
«Se arrivano proposte positive, non vedo perché non votarle. Peccato che fino ad oggi, da quanto leggo sui giornali, non se ne vedano. Monti va all'estero, ma non ha ancora riferito al Parlamento. I due interventi sulla richiesta di fiducia sono apparsi molto fumosi, attenti più che altro a non disturbar nessuno a destra e sinistra. Chi sosteneva che sarebbe bastata la sostituzione di Berlusconi per abbassare lo spread e riagguantare le Borse, è stato amaramente deluso».

Lei stesso, però, aveva detto: occhio che se crolla l'euro, crolla tutto.
«Resto dell'idea. Ma è chiaro che non posso votare alla cieca provvedimenti che non conosco».

Si è parlato di Iva, pensioni.
«Il problema è la crescita e se si pensa di realizzarla con l'aumento dell'Iva, riportando l'Ici, toccando le pensioni, direi che non ci siamo».

Sulle pensioni siete sulle barricate?
Si cambiano le carte in tavola nei diritti acquisiti. Se a chi ha passato quarant'anni a lavorare si chiedono altri dieci anni, vien da dire: ma questi lo sanno cosa fa uno in fabbrica? Ci sono mai entrati?».

Siete gli unici all'opposizione. La Lega è tornata a fare la Lega?
«La Lega è un partito di lotta. Stare in maggioranza era un modo per fare le riforme».

Rischiavate anche di più in maggioranza che ora. Erano emerse spaccature interne, maldipancia fra i militanti, emorragia di voti.
«Il dibattito è stato molto amplificato dai giornali. Comunque se stai al governo e ci sono scenari come l'impossibilità di pagare le pensione, bisogna avere l'equilibrio e la forza di andare avanti anche quando le cose non vanno bene. Uno non può inseguire solo i sondaggi e il gradimento. Puoi perdere le elezioni, ma non la faccia e la dignità».

A proposito di elezioni, con il Pdl come va?
«È finita».

A livello nazionale?
«Certo, non ci son storie. Loro sono in maggioranza, noi all'opposizione».

E poi fra un anno e mezzo si fanno i conti, alle Politiche.
«Pure prima, ci sono le amministrative. Se il Pdl vota cose per noi scandalose, è evidente che anche per le amministrative non si parlerà di alleanza».

Intanto a livello territoriale restate insieme?
«Dove ci siamo presentati con il Pdl, e la gente ci ha votato, noi manteniamo l'impegno».

Anna Gandolfi

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