Sub e robot Bg nel Tevere
per cercare il piccolo Claudio

«Quando il nostro robot si è incastrato in una pianta sott'acqua proprio sulla traiettoria della corrente, abbiamo sperato di trovare lì il corpicino del piccolo Claudio, invece non c'era». Giorni di intenso lavoro nel Tevere, a Roma, per volontari di Bergamo.

«Quando il nostro robot si è incastrato in una pianta sott'acqua proprio sulla traiettoria della corrente, abbiamo sperato di trovare lì il corpicino del piccolo Claudio, invece non c'era». Sono stati due giorni di intenso lavoro nelle acque del Tevere, a Roma, per dodici volontari dell'Unità di soccorso tecnico (in sigla Ust) provenienti da Bergamo e Brescia che, sabato e domenica, hanno cercato per ben 17 ore il corpicino del piccolo Claudio Franceschelli, il bimbo di soli 16 mesi che, il 4 febbraio scorso, venne lanciato nelle acque del Tevere dal padre Patrizio, 26 anni, ora in carcere con l'accusa di omicidio volontario aggravato dal rapporto di parentela.

A incaricare i sub è stato l'avvocato Alberto Biasciucci, legale di Claudia, la mamma del bimbo, in collaborazione con la trasmissione «Chi l'ha visto?» di Raitre: i sub sono stati quindi autorizzati alle ricerche dal pubblico ministero romano e hanno lavorato nel tratto di fiume proprio sotto il ponte da dove il piccolo Claudio è stato lanciato.

«Un punto in cui la visibilità sott'acqua è davvero molto bassa - spiega Raffaello Colombo, di Clusone e coordinatore nazionale dell'Ust - e dove la corrente varia da 1,5 nodi in superficie a 5 nodi a una profondità di 4 metri. Inoltre il personale sanitario ha sconsigliato ai sub di immergersi per la presenza del batterio della leptospirosi in acqua. Così abbiamo utilizzato il nostro robot "Rov", alla prima uscita operativa. Ma anche le telecamere di cui è dotato vedevano fino a 30-50 centimetri. Sott'acqua c'era di tutto, anche due carrelli per la spesa. Qualora il robot avesse individuato il corpicino, i sub si sarebbero immersi a colpo sicuro. Invece non c'era».

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