«'Ndrangheta? Non c'entro nulla»
Michela Cerea oggi in Procura

«La 'ndrangheta e la soubrette degli appalti». Il titolo campeggiava sabato in prima pagina su «La Repubblica» a firma Roberto Saviano. Lo scrittore ricapitolava l'inchiesta Lybra della Dda di Catanzaro mettendo fra i protagonisti Michela Cerea.

«La 'ndrangheta e la soubrette degli appalti». Il titolo campeggiava sabato in prima pagina su «La Repubblica» a firma Roberto Saviano. Lo scrittore ricapitolava l'inchiesta Lybra della Dda di Catanzaro, «una sorta di manuale per identificare gli ingredienti per ottenere successo nel sistema "estrattivo", dove gli interessi politici si sposano a quelli affaristici e dove i mediatori più adatti sono quelli mafiosi».

Tra i protagonisti dell'inchiesta, oltre a politici, manager del settore cinematografico, il Gran Maestro di una loggia massonica e la proprietaria di un centro massaggi spunta anche Michela Cerea, bergamasca di Adrara San Martino, definita «una soubrette non molto nota ma ottimamente introdotta persino in ambienti vaticani».

Cerea avrebbe fatto da tramite tra Francesco Comerci, titolare della ditta «Edil Sud», accusato dall'antimafia di essere al servizio della cosca Tripodi di Porto Salvo, e Mario Festa, imprenditore di Rovigo, che Saviano spiega essere il braccio operativo: «Funzionava così il "sistema Festa": mazzette mascherate da un fittizio incarico di consulenza in cambio della promessa di appalti pubblici». La soubrette bergamasca, scrive Saviano, «presenta Festa all'uomo della 'ndrangheta Comerci, ed è sempre lei che prospetta a Comerci la possibilità di ottenere ricchi appalti, in Italia e all'estero: opere per l'Expo 2015 di Milano, la costruzione di ospedali e case in Moldavia, Albania e Croazia, la ristrutturazione dello Stadio di Novara... Il tutto era possibile grazie al fornito giro di amicizie dell'ex soubrette, tra cui spiccava il vicesegretario nazionale del Movimento per l'Italia di Daniela Santanché».

«Niente di più falso – spiega Cerea – io Comerci l'ho conosciuto quando lavoravo a Roma semplicemente perchè era marito della titolare del bar "La Dolce Vita", dove andavo sempre a fare colazione. Io non sapevo nulla dei suoi traffici e ho sempre pensato che fosse una brava persona. Non ho nulla a che fare con la 'ndrangheta e mi riservo di querelare Repubblica e Saviano per quello che hanno scritto. Quell'articolo mi ha procurato un enorme danno d'immagine».

Michela Cerea sarà ascoltata questa mattina in procura a Catanzaro.

Leggi di più su L'Eco di Bergamo in edicola

© RIPRODUZIONE RISERVATA