L'Università compie 40 anni
«Progetto voluto dalla città»

Ci volle tutto l’impegno delle istituzioni locali, dei partiti politici (l’allora Democrazia cristiana e poi il Partito socialista italiano), la presenza di un ministro dell’Istruzione bergamasco, Giovanni Battista Scaglia, e la volontà orobica di uscire dalla «segregazione culturale volontaria» per far nascere allo scadere del 1968 il primo Istituto universitario a Bergamo. Già dal 1962 si tentava questa impresa, ma solo la volontà di una città intera ha reso possibile l’apertura della prima facoltà di Lingue e letterature straniere nel vecchio Palazzo del Podestà di piazza Vecchia.

L’Università degli studi ha voluto ripercorrere i suoi 40 anni di storia in un libro (che verrà presentato stamattina al Centro Congressi), ma da ateneo giovane quale è, Bergamo lo ha fatto con un volume di facile consultazione, ricco di immagini tratte dall’archivio storico dell’Eco di Bergamo, dell’Università e della Fondazione Dalmine. Vignette tratte dalle riviste degli studenti, grafici per visualizzare l’andamento della popolazione studentesca, curriculum delle lauree honoris causa e schede delle sedi universitarie raccontano visivamente l’evoluzione dell’università. Sei capitoli in parte storici, ma anche sociologici e statistici con una scrittura piana e non troppo «accademica» lo rendono una testimonianza viva della storia dell’ateneo. S’intitola «1968-2008. Quarant’anni di Università a Bergamo» il volume curato da Juanita Schiavini Trezzi, direttore del Centro studi sul territorio Lelio Pagani e frutto del lavoro di sei autori. A Mauro Gelfi, direttore del Museo storico di Bergamo e Fabrizio Calvo, giornalista e direttore della rivista universitaria Bergamo Lab, la ricostruzione della storia antica e recente dell’ateneo bergamasco. Dai primi passi mossi nel 1968, grazie all’impegno di Scaglia, ma anche di Filippo Maria Pandolfi, di Giacomo Pezzotta (allora sindaco di Bergamo), Severino Citaristi, Gian Pietro Galizzi, per la creazione di un Istituto universitario diretto da Vittore Branca e cofinanziato da Comune, Provincia e Camera di Commercio, fino alla statizzazione del 1991.

«Gli enti locali, inizialmente finanziatori dell’ateneo – spiega la curatrice –, non ce la facevano a reggere i costi dell’università. L’unico modo per sopravvivere era accedere ai fondi statali. Negli ultimi 20 anni poi l’ateneo ha guadagnato una progressiva autonomia amministrativa e giuridica e ha avuto il sostegno di alcune realtà territoriali come il mondo delle imprese». Negli anni l’ateneo s’ingrandisce: nel 1988 nasce la facoltà di Economia, e nel 1992 le prime mosse delicate e combattute di Ingegneria un po’ «soffocata» dal vicino Politecnico di Milano. Nel 2001 è la volta di Lettere e filosofia che poi distinguerà i suoi percorsi in Scienze della formazione e umanistiche nel 2006. Nel 2004 invece prende vita Giurisprudenza e chiude l’offerta formativa delle sei facoltà che oggi compongono l’ateneo. Una crescita progressiva accompagnata dai nomi di importanti rettori, come Serio Galeotti, Giorgio Szegö, Pietro Enrico Ferri e infine Alberto Castoldi.

Tra le pagine anche l’unica contestazione studentesca del nostro ateneo nel 1974, ma anche il dilemma dei diplomi di laurea non consegnati per mancanza del sigillo ufficiale, la nascita dei primi corsi di russo e delle prime summer school (allora non si chiamavano così) nel 1970, e ancora le visite dei vescovi da monsignor Clemente Gaddi fino a monsignor Francesco Beschi. Interessante il terzo capitolo, scritto da Maria Fernanda Croce, dirigente dell’Ufficio rettorato, che offre uno spaccato dell’evoluzione della popolazione studentesca dell’università. «In un volume sull’università – spiega Schiavini – non si poteva non parlare degli studenti, la ragione ultima per cui l’ateneo è stato fondato e ha ragione di esistere anche se talvolta ce lo dimentichiamo. Sono più di 15 mila è soprattutto negli ultimi anni è in aumento il numero degli studenti da fuori provincia e stranieri. Dei bergamaschi va detto che, a differenza di altri atenei, in molti provengono dagli istituti tecnici, segno che le famiglie indirizzano ancora i giovani verso scuole professionalizzanti e non i licei. Da notare anche che abbiamo molti studenti lavoratori rispetto ad altri atenei: in una provincia come la nostra lo studio è affiancato al lavoro». Curiosità: le donne hanno negli anni sbaragliato per numero gli uomini, toccando il 57% degli iscritti. Proprio Juanita Schiavini ha curato poi due capitoli dedicati alle molteplici personalità locali e internazionali, da Stiglitz a Morin, da monsignor Andrea Spada a Ermanno Olmi, a cui è stata conferita una laurea honoris causa. Ventisette in tutto. Ricostruito anche il patrimonio culturale dell’ateneo: con un archivio di 700 faldoni, 13 mila tesi archiviate e 224 mila volumi, un’inestimabile valore per tutta la città. A Monica Resmini, docente di storia dell’architettura alla facoltà di Ingegneria, il compito di ricostruire il valore architettonico delle sedi universitarie.

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