Allarme amianto in Bergamasca
È la provincia più a rischio

Sono i residenti nelle province di Bergamo e di Varese i cittadini lombardi a maggior rischio di sviluppare i mesotelionmi, i tumori del polmone provocati dalle fibre di amianto. Il dato emerge da un ricerca curata dal Policlinico di Milano, secondo cui il 66% dei mesoteliomi accertati in Lombardia tra il 200 e il 2007 è legato a cause professionali.

Il tasso di incidenza della malattia tra la popolazione lombarda è di 2,4 casi ogni 100 mila abitanti contro i 2 del resto d'Italia, ma per quel che riguarda le province di Berganmo e di Brescia il tasso è ulteriormente più alto.

Lo confermano i numeri, visto che, almeno fino al 2006, i mesoteliomi registrati annualmente nella Bergamasca erano almeno una trentina all'anno, a conferma che le malattie professionali in generale fanno assai meno notizia degli infortuni sul lavoro, anche se uccidono mediamente otto volte di più.

Le malattie professionali rappresentanto infatti un enorme icerberg quasi interamente sommerso nel burrascoso mare del mondo del lavoro, se è vero - come dicono gli esperti - che ci si trova di fronte a un fenomeno largamente sottostimato, fino a toccare punte di oltre il 90%. Tra il 2002 e il 2006 - in Italia - sono state denunciati all'Inail circa 130 mila casi di malattie professionali: di queste 13.847 sono state segnalate in Lombardia, 2.918 nella Bergamasca. Un numero complessivamente irrilevante, così come irrisorio è il numero delle malattie professionali riconosciute tali dall'Inail - 40.052 in tutta Italia (il 31% dei casi denunciati), 1.176 nella Bergamasca (il 39%) -, per non parlare dei casi risarciti con invalidità riconosciuta (dal 6% in sù, visto che fino al 5% esiste una sorta di «franchigia»), complessivamente 17.649 casi.

Se così fosse, vorrebbe dire che, in Italia, ogni 100 mila lavoratori ci sarebbero soltanto 113 denunce di malattie professionali, di cui 35 riconosciute tali, 15 con invalidità totale e 4,6 con invalidità di rendita, mentre la mortalità si attesterebbe a 0,08 casi (mentre per ogni morto sul lavoro - lo dice la letteratura internazionale - ce ne sono otto per malattia professionale.

Il problema dell'omessa denuncia - Se si stesse ai dati ufficiali, le malattie professionali non andrebbero sostanzialmente oltre le sordità da rumore (siamo nell'ordine del 70%); le patologie muscolo-scheletriche rappresenterebbero solo l'11%, le malattie cutanee e dell'apparato respiratorio il 7%, i tumori il 4%. In realtà le cose stanno in maniera ben diversa: l'80% dei mesoteliomi (i tumori provocati dall'esposizione all'amianto) sono di natura professionale, così come il 50% delle bronco pneumo croniche ostruttive, il 40% delle malattie polmonari e dei problemi alla colonna vertebrale, il 18% delle asme bronchiali. Il problema vero, dunque, è rappresentato dall'omessa denuncia.

Ma cosa provoca tale omissione? Un insieme di fattori, che vede come protagonisti i cosiddetti «medici competenti» (quelli cioè che prestano la loro opera all'interno delle aziende), gli stessi lavoratori e i loro datori di lavoro, perfino l'Inail. Il medico competente non gode certo di un rapporto di lavoro «forte» nei confronti della proprietà dell'azienda così come l'attuale tipologia del mercato del lavoro non favorisce le esperienze professionali migliori. Da un'indagine svolta tra i lavoratori emerge infatti che il medico aziendale ha fretta, non spiega al lavoratore di cosa è malato, non rilascia l'idoneità limitata alla mansione, è difficile da incontrare, ha uno scarsa rapporto con il rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls).

In Europa la situazione è diversa - Ma chi è senza colpe, scagli la prima pietra. Così, da parte sua, il lavoratore non esercita la facoltà di sottoporsi a visita medica, e rinuncia a far rivalere i propri diritti per paura di ritorsioni da parte dell'azienda, fino alla perdita del posto di lavoro. Quanto all'Inail, la percentuale delle malattie professionali che riconosce - il 31% fino a un paio d'anni fa - è abissalmente più bassa rispetto ai numeri che si registrano nel resto d'Europa, Belgio e Francia soprattutto, dove la malattie da sovraccarico biomeccanico oltrepassano il 70%, mentre il Lombardia arrivano appena al 20%.

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