Delitto di Vertova: altro interrogatorio per Bernini, marito della vittima

Giuseppe Bernini, il marito di Maria Grazia Pezzoli, la donna uccisa il 24 luglio a Vertova, verrà interrogato nuovamente. Gli inquirenti sono intenzionati a verificare alcuni dettagli sulle dichiarazioni che aveva reso nel corso degli interrogatori a cui era stato sottoposto (sempre come persona informata sui fatti). In particolare l’intenzione degli investigatori potrebbe essere quella di approfondire la questione sui rapporti di lavoro che l’imprenditore aveva con Alì Ndiogou, il quarantenne senegalese, residente a Gandino, ex dipendente di Bernini, che era finito in cella il 29 agosto con l’accusa di omicidio volontario. Tra i due è in corso una causa civile. L’immigrato pretende dall’ex datore di lavoro un risarcimento di 48 mila euro, tra stipendi arretrati, liquidazione e risarcimento per un infortunio patito in un cantiere del Padovano. Di diverso avviso sono i legali di Bernini, per i quali le competenze sarebbero di Inps e Inail, essendo la ditta per cui lavorava Ndiogou dichiarata fallita.E sarebbero proprio queste pretese economiche che avrebbero spinto, secondo l’accusa, il senegalese a uccidere Maria Grazia Pezzoli, che della nuova azienda del marito era la contabile. Per gli inquirenti Ndiogou quel giorno avrebbe raggiunto l’abitazione-ufficio dei Bernini, in via Cinque Martiri a Vertova, con l’intenzione di farsi dare il denaro. Di fronte al diniego della donna, sempre stando alle ipotesi dell’accusa, l’ex dipendente avrebbe perso la testa e avrebbe ucciso Maria Grazia Pezzoli con 30 coltellate.Questo è quanto ricostruiscono, grazie anche ai riscontri scientifici, gli investigatori. Perché Ndiogou l’unica volta che ha parlato, all’indomani dell’arresto davanti al gip, ha raccontato che lui con il delitto non c’entra nulla e che quel giorno e a quell’ora era da tutt’altra parte. Il compito di ricostruire l’alibi in base alle dichiarazioni dell’immigrato spetta alla difesa, rappresentata dagli avvocati Giovanni Fedeli, Maria Serranò ed Emanuela Sabbi. I legali stanno raccogliendo testimonianze che possano confortare ciò che ha raccontato il loro assistito, anche a costo di far intervenire le forze dell’ordine per raccogliere versioni. È il caso della dipendente dell’Adecco, l’agenzia di lavoro interinale di Albino dove Ndiogou dice di essere stato il giorno del delitto, che - dopo aver ripetutamente declinato gli inviti degli avvocati difensori - è stata convocata coattivamente in Procura. Dove, venerdì alle 15, sarà sentita congiuntamente dal pm Carmen Pugliese, titolare dell’inchiesta, e dai legali della difesa.Che questa vicenda abbia influenze negative sulla loquacità dei testimoni è provato anche dal fatto che nel registro degli indagati sono stati iscritti i nomi di un bergamasco e di un senegalese, accusati di favoreggiamento nei confronti del presunto assassino. Secondo gli inquirenti avrebbero taciuto delle informazioni che potevano portare subito ad Alì Ndiogou. Il quale, tiene a sottolineare chi indaga, è stato rintracciato solo il 25 agosto, un mese dopo l’omicidio. Sui nomi dei due indagati c’è il più stretto riserbo.(24/09/2008)

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