Prodotti spacciati per italiani
Nuova mobilitazione di Coldiretti

La Coldiretti lancia una mobilitazione senza precedenti denominata
«Operazione verità» per difendere l’agricoltura italiana minacciata dalle importazioni di prodotti che, senza alcuna identità, vengono spacciati come Made in Italy anche se di italiano non hanno nulla. Si tratta di prodotti agricoli acquistati a prezzi mondiali e poi venduti a «prezzi italiani», sfruttando il valore aggiunto dell’immagine del vero Made in Italy agroalimentare.

La mobilitazione promossa dalla Coldiretti inizierà dal valico del Brennero dove confluiranno migliaia di agricoltori provenienti da tutta Italia per sapere «cosa arriva e dove va a finire» e sarà sostenuta da diverse iniziative su tutto il territorio nazionale che coinvolgeranno anche la Lombardia e la Bergamasca. Nella mattinata di martedì 21 luglio, a Milano davanti alla sede della Regione Lombardia, si terrà un primo presidio che vedrà la presenza anche di oltre 300 agricoltori bergamaschi. Hanno dato il loro sostegno alla mobilitazione della Coldiretti anche numerosi politici e rappresentanti del mondo istituzionale: i consiglieri regionali Pietro Macconi, Marcello Raimondi, Carlo Saffioti e Daniele Belotti, l’assessore provinciale all’agricoltura Enrico Piccinelli e l’onorevole Giovanni Sanga.

Particolarmente delicata è la situazione per la zootecnica da latte. Nell’ultimo anno in Italia sono arrivati 1,3 miliardi di chili di latte sterile, 86 milioni di chili di cagliate e 130 milioni di chili di polvere di latte, di cui circa 15 milioni di chili di caseina. «La grande quantità di sottoprodotti e semilavorati non ben identificati che vengono importati nel nostro Paese e poi venduti come italiani - afferma il presidente della Coldiretti bergamasca Giancarlo Colombi - rappresenta un grave problema per la nostra zootecnica da latte. Chi non ha colto l’importanza di difendere il prezzo del nostro latte e assicurare un’equa remunerazione agli allevatori mediante l’etichettatura vuol dire che non ha ben capito i problemi del settore agricolo. E’ infatti proprio questa situazione di non trasparenza che permette a molte industrie di trasformazione e, purtroppo, anche ad alcune importanti cooperative, di importare latte dall’estero e trasformarlo poi in prodotto “italiano”».

Il latte e i sottoprodotti arrivano da Germania e Francia, ma anche da Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, e secondo alcune fonti, anche da paesi extraeuropei. Il fenomeno è tutt’altro che contenuto: oggi per ogni litro di latte prodotto nei nostri allevamenti ce n’è altrettanto importato dall’estero. «La situazione in cui versano oggi le nostre stalle è gravissima - prosegue Colombi - e non è di certo imputabile né alla crisi finanziaria internazionale, né tanto meno a un calo della domanda. I consumi interni, infatti, reggono: gli italiani continuano a comprare e consumare prodotti lattiero caseari, pagandoli come o più di ieri. Mentre i prezzi del latte al consumo aumentano - spiega ancora Colombi - quelli alla produzione sono crollati al di sotto dei 30 centesimi al litro. Se si calcola che nel 1996 il latte agli allevatori veniva pagato 39,22 centesimi al litro e che i costi dei fattori di produzioni sono aumentati in modo esponenziale è facile intuire la situazione disastrosa in cui versa il settore».

E insieme alla zootecnica, anche l’ortofrutta e la cerealicoltura subiscono la concorrenza dettata dall’anonimato dei prodotti. «Questa è una questione che non riguarda solo il mondo agricolo – conclude Colombi -: se le nostre aziende agricole chiuderanno saremo costretti ad acquistare all’estero i prodotti base della nostra alimentazione e non saremo certo poi noi a dettare prezzi e regole di mercato. Per evitare tutto questo noi chiediamo maggiore chiarezza sull’origine e maggiore trasparenza lungo la filiera».

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