L’ultimo bottone: la New Style chiude

L’ultimo bottone: la New Style chiudeMobilità per 30 dipendenti, uscita a scaglioni sino a luglio. Per i titolari una scelta sofferta ma obbligata L’azienda era nata a Grumello nel 1965: ormai la concorrenza straniera è diventata insostenibile

A Grumello del Monte si chiude una storia lunga quasi quarant’anni. Il bottonificio New Style Spa, fondato nel 1965 da Giuseppe Belotti, ha deciso di fermare la produzione. Sulla crisi pesa la concorrenza straniera, cinese in testa, e non è una novità: il problema è comune a molti e non è di oggi. Chi nell’industria vive ogni giorno, come Belotti, da almeno cinque anni sente il fiato sul collo della competitività di chi può produrre con costi nettamente inferiori rispetto a quelli che si devono sostenere in Italia.

La decisione sofferta di scrivere la parola fine all’esperienza di un’azienda che era fra i primi produttori di bottoni in Europa è maturata in autunno, quando è stato firmato l’accordo per la messa in mobilità di tutti i dipendenti, una trentina di persone. L’uscita effettiva è stata scaglionata e si completerà a luglio. Molti fra coloro che sono già usciti hanno trovato un’altra sistemazione. La produzione si fermerà del tutto fra aprile e maggio. Al momento sono rimasti in forze gli addetti agli ultimi reparti ancora in funzione e i magazzinieri, oltre ad alcuni impiegati, per smaltire gli stock.

La New Style Spa era nata nel 1965. A 23 anni Giuseppe Belotti aveva ereditato l’attività dal padre Luigi. Da un piccolo bottonificio creò una realtà industriale. Da 25 addetti si arrivò a un centinaio. La produzione venne diversificata: bottoni in plastica, in metallo tranciato, in lega zama, in nylon. Le macchine arrivavano a sfornare in media 500 milioni di pezzi all’anno. Il 3% del fatturato era investito nella ricerca su nuovi materiali: venne lanciata anche una linea di bottoni ecologici. All’inizio degli anni Novanta il trasloco nella sede attuale, in via delle Marine, uno stabilimento di quasi 8 mila metri quadrati di superficie. Una struttura capace di garantire un’alta capacità produttiva. Ma una struttura, anche, che impone una serie di costi fissi che, nel momento in cui la domanda del mercato cala, cominciano a pesare sui conti.

E questo alla fine è uno dei fattori che hanno imposto alla New Style una decisione che nessuno avrebbe voluto prendere. Per i titolari, Belotti, che oggi di anni ne ha 62, e la moglie Raffaella, è stata anche una questione di responsabilità e di realismo: visto l’andamento generale e la mancanza di prospettive di miglioramento, meglio chiudere e garantire ai dipendenti la liquidazione, piuttosto che provare a continuare senza sapere come sarebbe andata in un contesto internazionale ribaltato rispetto a cinque anni fa.

La minaccia straniera ai bottoni made in Val Calepio è arrivata dalla Cina ma non solo. Negli ultimi anni la New Style ha avvertito la concorrenza di greci, turchi e portoghesi. La discriminante sul mercato oggi è il prezzo. Il confronto con i costi dei Paesi emergenti non concede margini. A questo si aggiunge l’andamento del tessile e la tendenza a delocalizzare. Per restare in piedi i bottoni dovrebbero seguire le fabbriche di produzione dei capi di abbigliamento all’estero, ma delocalizzare non è così facile: occorrono persone di fiducia disponibili ad andarci, all’estero.

«Il peso della concorrenza straniera, dei costi eccessivi, dei troppi vincoli burocratici, noi lo sentiamo da cinque anni», dice Belotti, non senza amarezza. «Adesso che tutti cominciano a rendersene conto, speriamo che si possa attuare una politica che aiuti le imprese a risollevarsi».

Chiede attenzione anche il sindacato. Elio Carminati, che ha seguito la procedura di mobilità per la Uilta, dice: «Il momento non è felice. In Val Calepio i bottonifici sono una realtà rilevante per l’occupazione. Averne uno in meno non è sicuramente positivo. Per gestire queste fasi di difficoltà, credo che sia auspicabile per le imprese una maggiore flessibilità nell’uso della cassa integrazione. Il governo dovrebbe intervenire per concedere la possibilità di fruire delle settimane di cassa in modo diverso e più elastico». Oltre la contingenza, resta comunque il problema di prospettiva e Carminati dice: «Spero che possa esserci a breve un’inversione di tendenza, ma temo, purtroppo, che non abbiamo ancora visto tutto della crisi».

(09/08/2004)

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