Homepage
Sabato 27 Luglio 2013
Al mare con i Francesco boys
«Ho sentito passare la fede»
L'Oceano è un gigante buono. Ogni tanto, dicono, gli scappa qualche onda un po' più lunga che arriva su una spiaggia incredibile: cento metri di larghezza per quattro chilometri di lunghezza. L'Oceano, dunque, con la sua nenia continua e lo sciacquio dell'acqua.
E lei, la spiaggia, a fare una curva così netta che da qualunque parte ci si mette, la si può abbracciare con lo sguardo per intero. Dal mare arriva di tutto: il pesce per mangiare, le navi degli emigranti di un secolo fa, le onde per chi ha voglia di divertirsi con la tavola da surf; e persino la Madonna, una piccola statuetta di quaranta centimetri trovata dai pescatori che è diventata la patrona di tutto il Brasile.
Mettete una sera d'inverno, certo l'inverno di qui che dicono freddo a diciotto gradi, le luci sul litorale e una marea di giovani che ripetono il dolce ondeggiare dell'Oceano quando in mezzo a loro passa un'auto bianca illuminata da una luce calda e ancora di più dal calore di un uomo anziano con il sorriso di un giovane e gli occhi che ridono. N
on stanno passando le ballerine con la coda di piume per il carnevale di Rio: no, non è quella folla. Questa è altra gente, altrettanto allegra: questa è, cantano, la gioventù del Papa. Ed è già paradossale: se c'è un'età dove si fa fatica a consegnarsi, a fidarsi davvero di qualcuno (al punto di diventarne discepoli, cioè di andargli dietro) ebbene, questo momento è la giovinezza, tempo principe per le sperimentazioni e i tentativi di affrancarsi da qualunque tutela.
Eppure questi giovani dicono di appartenere a qualcuno: non a un gruppo, non ad un'istituzione. A un uomo, che ne rappresenta un Altro. La popolarità di Papa Francesco tra i giovani è altissima: vederlo da vicino, magari toccargli appena la mano; questo è il sogno. Ma vederlo passare è anche qualche cosa d'altro: «Io ho sentito passare la Fede», mi dice un giovane appena la jeep si allontana.
Mi sembra quasi eccessivo e poi questi ragazzi non è la prima volta che vedono il Papa; nessuno nella storia, per via della televisione, l'ha mai potuto vedere così da vicino. Ma essergli vicino è un'altra cosa. La spontaneità dei suoi gesti non è costruita ed è talmente vera da essere provocatoria rispetto alla verità del Vangelo.
Quando parla lo fa con la schiettezza e l'efficacia di un gesuita che predica gli esercizi spirituali: impossibile rimanere impermeabili. E così appena il Papa prende la parola, sulla spiaggia e sulla grande strada accanto - l'Avenida Atlantica - si fanno quattro chilometri di silenzio, di quel religioso silenzio che fa pensare a delle menti in piena riflessione, a dei cuori in pieno movimento.
Quando quest'uomo prende la parola, io ho sempre un certo timore: va sempre a mettere il dito nella piaga delle coscienze, chiede conversioni e cambiamenti da cui non ci si può esimere. Ma questa marea di ragazzi applaude convinta. Non credo che le loro vite cambieranno all'istante, ma i loro cuori, stasera, conserveranno due idee capaci di guidarli nelle scelte e nello stile per la vita quotidiana.
Una Gmg in riva al mare non si era mai vista. Centri città e piena campagna; santuari, aeroporti e ippodromi, ma la spiaggia no, mai. Lo dice il Papa, ma l'avevamo già pensato nei giorni scorsi: la spiaggia fa pensare alle rive di un mare (che per la verità è un lago) in terra di Galilea, dove Gesù ha chiamato i suoi primi discepoli. E il Papa ricorda ai giovani che la riva del mare è un posto adatto per sentirsi chiamati.
Questa spiaggia è praticamente dentro la città: il Vangelo non è una faccenda che sta lontana dalle storie degli uomini, ma ne porta il respiro e i desideri. La domanda ritorna a ogni Gmg: che ne sarà di questi giovani? Cosa porteranno a casa? Ne ho incontrati tantissimi, in questi giorni, a Casa Italia a due passi dalla spiaggia di Copacabana.
Mi hanno raccontato dei missionari e delle comunità che li hanno accolti prima di arrivare a Rio; delle famiglie che sono andate a dormire sul divano per dare loro un letto qui in città; delle favelas dove qualcuno ha dormito tranquillo solo perché aveva fatto le vaccinazioni, ma sono posti dove si vede il cuore dei poveri, sempre grande. Provocazioni forti, domande impegnative. Non si torna davvero a casa con la vita «aggiustata», ma - credo - con qualche strumento in più per non lasciarsela sfuggire.
Michele Falabretti
Responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale giovanile
© RIPRODUZIONE RISERVATA