Colantuono: ecco la mia Atalanta
Voglio aggressività e coraggio

Da «equilibrio e duttilità» ad «aggressività e coraggio». In cinque anni Stefano Colantuono ne ha fatta di strada. Sul campo, nelle sue convinzioni tattiche e in sala stampa, nei rapporti con i mass media. Allora arrivò con il soprannome di «carta vetrata» che nel tempo poi smentì con i fatti.

Oggi affronta l'intervista destinata a spiegare il suo calcio con tutt'altra disinvoltura rispetto ai timori di quell'estate. Sa che l'aspettano le domande su moduli e assetti alle quali rispondere cercando comunque di non svelare i particolari.

Ma, soprattutto, Colantuono sa che rispetto al suo esordio nerazzurro oggi lo conforta un clamoroso vantaggio: ha la squadra fatta da metà luglio. Non gli era mai successo in carriera. Probabilmente anche per questo vedendo il titolo di cinque anni fa («Il calcio di Colantuono: equilibrio e duttilità») il mister sorride, annuisce e comincia facendo subito capire di voler guardare avanti.

«L'equilibrio è fondamentale, se non c'è perdi quasi sempre. La duttilità invece dipende dai giocatori che hai a disposizione: se si adattano in fretta a situazioni diverse è meglio per tutti. Ma noi dobbiamo adattare i principi generali alla realtà che affronteremo e comportarci di conseguenza».

Cioè all'Atalanta che giocherà in serie B. E questa Atalanta parte per tutti come la grande favorita. Giusto?
«Saremo una delle squadre più importanti della B e vogliamo dare soddisfazione al presidente, che vuole subito la serie A. E allora mi permetto di proporre un termine nuovo: aggressività».

È un po' abusato: lo usa anche chi giocherà per salvarsi.
«Ma io già vedo le nostre partite in casa, con gli avversari barricati dietro la linea della palla e noi a cercare spazi nei quali muoverci. Da noi verranno in pochissimi a fare la partita. Serviranno pazienza e, appunto, aggressività».

Proviamo a parlare di moduli?
«Partiremo dal 4-4-2 tradizionale».

Detto da lei è una sorpresa. Lei ha inventato Doni trequartista nel 4-4-1-1 e il Mondiale appena concluso è stato il trionfo del 4-4-1-1...
«Noi ci dobbiamo adattare alla situazione. Partiremo tra i favoriti e Doni sarà da gestire, anche per i tanti impegni ravvicinati previsti dal calendario».

Quindi 4-4-2. Le varianti?
«Per esempio un terzino che sale sulla linea mediana mentre l'esterno che gli gioca sopra si accentra dietro le punte. Fa 3-4-1-2».

Come ha giocato il suo Torino nella finale dei playoff di Brescia. Ma questo non è mai stato un suo modulo.
«È una variante possibile, esattamente con il 4-3-1-2, cioè con il rombo a centrocampo. Ma se hai in organico Ferreira Pinto, Defendi, Pettinari e Ceravolo con il rombo li dovresti mandare tutti in tribuna. E questo sarebbe autolesionismo. Io credo che si debbano sfruttare le caratteristiche dei giocatori a disposizione».

Avanti con il 4-4-2. Partiamo dalla difesa.
«Stiamo lavorando per giocare con la linea tendenzialmente alta, per tenere la squadra corta e aggressiva».

Colantuono con la difesa alta?
«Sì, dovremo far sentire la nostra forza a chi ci gioca contro e aiutare la squadra a recuperar palla il più vicino possibile alla porta avversaria. Dovremo giocare con coraggio. All'aggressività aggiungo il coraggio».

Faremo anche il fuorigioco?
«Non lo amo come scelta sistematica, ma sarà inevitabile proporlo con la difesa in movimento. Va bene quando viene dagli automatismi di gioco».

Lei ha sempre amato avere una squadra «fisica». La difesa alta non sarà un rischio?
«Calcolato. Avremo più vantaggi che problemi».

I terzini?
«In grado di giocar la palla, ma non devono fare le ali. Non voglio terzini che vadano dieci volte sul fondo e esterni alti che vengano dieci volte a fare la diagonale in difesa. I terzini difendono, gli esterni alti attaccano. Nel rispetto delle loro caratteristiche».

Quante marcature sulle palle inattive? Perché lei marcherà a uomo, vero? Oppure è cambiato anche in questo?
«No, non cambio. Marcature a uomo su angoli e palle inattive battute sotto la linea dei 16 metri. Con cinque giocatori, anche sei se necessario. Gli altri si disporranno a seconda delle situazioni, studieremo di volta in volta come giocano gli avversari».

E sulle palle inattive che partono sopra il limite dell'area?
«Ho parlato con i ragazzi, in questi casi difenderemo a zona sulla linea dell'area, però con alcuni accorgimenti rispetto al passato recente, per cercare di migliorare le possibili ripartenze».

Vuol chiarire?
«Non difenderemo in 10 più il portiere. Un attaccante rapido starà sempre là nel cerchio di centrocampo, pronto a scattare verso l'altra porta. E quando possibile terremo tre giocatori alti. Uno in mezzo e due larghissimi in fascia. Così i nostri avversari dovranno occuparsi di loro, non potranno attaccarci in mille».

A centrocampo?
«Due centrali scaglionati, mai sulla stessa linea. Quando uno attacca, io adoro gli inserimenti centrali, l'altro copre giocando da frangiflutti davanti alla difesa».

Beh, tutto normale...
«Diciamo che l'obiettivo primario sarà cercare di abbassare i tempi di gioco. Viste le caratteristiche dei nostri centrali vorrei si proponessero con due tempi: controllo e giocata. Se lo faremo cambiando campo potremo andare spesso sul fondo a far la giocata o in alternativa rientrare per il tiro o il servizio alle punte. L'azione sarà più fluida»

Gli esterni?
«Saranno i giocatori fondamentali della prossima Atalanta. Giocatori forti, capaci di andare sul fondo e fare il cross, abili a giocare larghissimi, appiccicati alla linea laterale».

Non dica pure lei 4-2-4... Come Conte...
«In fase d'attacco ci andremo vicini, ma i miei esterni devono anche difendere, sia chiaro. Servono sempre otto giocatori dietro la palla quando la prendono gli altri, quindi gli esterni dovranno correre all'indietro. Ma non a fare i terzini, preferisco che si fermino sulla linea di centrocampo, pronti a ripartire».

Ci spieghi perché molto larghi...
«In fase d'attacco servono ad aiutare le due punte. Penso alle squadre che ci affronteranno con i quattro difensori: o li tengono stretti e ci lasciano uno dei due esterni larghi con campo libero, oppure i nostri avversari saranno costretti ad allargare di parecchio la linea dei quattro difensori lasciandoci spazi larghi per i movimenti delle punte e gli inserimenti dei centrocampisti».

Due punte, e a quanto si sta vedendo molto vicine.
«Sì, stiamo lavorando per far giocare le due punte vicine. Le nostre sono forti, se ci affrontano uno contro uno di gol ne faremo parecchi, facendole dialogare tra loro...».

Le caratteristiche delle punte?
«Una che sappia giocare spalle alla porta e capace di andare di testa sui traversoni, l'altra che dia profondità. Mai sulla stessa linea: una fa il movimento, l'altra si adegua. Quando la palla arriva da dietro i movimenti delle punte saranno decisivi per allargare gli avversari. E in fase difensiva voglio che diano un'occhiata ai terzini».

Il suo progetto è chiaro. Ma se poi le giocano contro con la difesa a cinque? Diciamo con il 5-3-2?
«Se ci affrontano difendendo a cinque potremo proporre il 3-4-1-2 di cui parlavo all'inizio. Avremmo comunque la superiorità numerica in difesa e proporremmo il trequartista dietro due punte. In questo caso saranno decisive le caratteristiche dei due esterni».

Diciamo Ferreira Pinto e Pettinari, con Doni dietro Ardemagni e Tiribocchi?
«Mamma mia, quanta roba... Io sono il primo a volere tanto coraggio, ma serve anche equilibrio...».

Ma siamo l'Atalanta in B...
«Vedremo, vedremo...».

L'andamento stagionale sarà il solito di Colantuono?
«Cioè?»

Partenza sparata, da metà ottobre a Natale gamba pesante, da gennaio si parte e si vola fino a vincere il campionato.
«Beh, a me così andrebbe benissimo...».
 Pietro Serina

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