La favola da Oscar di Savoldelli
Senza vista, ma vince nei rally

Non vede, eppure vince. I suoi occhi sono rimasti vittima di una pallonata, trent'anni fa. Eppure Oscar Savoldelli non s'è arreso al destino e ha seguito la sua passione: il rombo di un motore. Lui la fa facile: basta tradurre in braille i «roadbook», il resto lo fanno istinto e talento.

Non vede, eppure vince. I suoi occhi sono rimasti vittima di una pallonata, trent'anni fa. Eppure Oscar Savoldelli non s'è arreso al destino e ha seguito la sua passione: il rombo di un motore. Lui la fa facile: basta tradurre in braille i «roadbook», il resto lo fanno istinto e talento.

Ma fare il navigatore nei rally, per un cieco come lui, tanto facile non deve essere. Figurarsi quanto difficile deve essere vincere. A lui, bergamasco di Fara Olivana con Sola, riescono entrambe le imprese: gareggiare e arrivare primo al traguardo. «Adesso - dice - sogno di comporre un nuovo equipaggio, facendo da navigatore a un pilota disabile. Magari in gare di velocità anziché di regolarità».

«Fu il presidente del Gruppo Sportivo Non Vedenti di Milano a indirizzarmi verso Gilberto Pozza e la Mite, a fine 2003 - racconta Savoldelli -: ci fu un primo incontro, poi non ebbi notizie per qualche mese e pensai che era il momento di riporre nel cassetto ogni speranza». Niente di più sbagliato, perché di lì a poco sarebbe arrivata una nuova telefonata di Pozza, deus ex machina del progetto Mite (acronimo multilinguistico di Miteinander, Insieme, Toghether, Ensemble), che ha come intento la possibilità di offrire la partecipazione a rally internazionali e nazionali a persone ipovedenti o non vedenti: «Mi domandò se avessi cambiato idea, ma naturalmente non era così. Iniziai con qualche gara da apripista e il primo approccio fu difficile: mi sedetti in auto, mi chiusero casco e cinture ed avvertii un forte senso di claustrofobia. Ricordo una foto che mi ritrae terrorizzato, in quel preciso momento: decisi di partire comunque, con la condizione di smettere quando avessi avuto paura. Da lì, non mi sono più fermato».

E il gioco si è trasformato in qualcosa di più serio: «È stato facile imparare a leggere il road book: basta conoscere il braille».

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