Mennea e il primo allenatore
«Mio zio Cosimo scoprì il talento»

«Io Mennea lo chiamavo Pierino, come mio zio Cosimo che per Mennea era una specie di zio aggiunto. Lo fu anche quella volta, all'Arena di Milano con Borzov». All'Arena di Milano, il 16 giugno '72, c'è mezza Italia alla tv ad aspettare.

«Io Mennea lo chiamavo Pierino, come mio zio Cosimo che per Mennea era una specie di zio aggiunto. Lo fu anche quella volta, all'Arena di Milano con Borzov». All'Arena di Milano, il 16 giugno '72, c'è mezza Italia alla tv a scrutare Mennea Pietro, il ragazzo barlettano, contro il principe dei 100 Valeri Borzov, la freccia dei soviet che attraversa il muro.

L'apprendista contro lo stregone, è la corsa degli antipodi. Ma Giuseppe Puttilli è lì a un passo dal via, a pochi metri da Mennea come spesso gli è accaduto d'estate a Barletta, quando torna a casa a trovare lo zio Cosimo, il cavaliere dello sport Cosimo Puttilli.

Cavaliere di gran corsa, campione italiano di marcia nel '38 e nel '47, promessa stella alle Olimpiadi di Londra '48 se guerre federali e drammi familiari non lo avessero bloccato a casa.

«Vede qui? Lo zio Cosimo e Mennea, quante se ne dicevano». Giuseppe Puttilli ha gli occhi lucidi inchiodati alle fotografie. C'è lo zio Cosimo che marcia col pettorale 198, c'è lo zio allenatore con Mascolo e c'è Mennea. «Pietro veniva da una famiglia povera e allora spesso lo zio lo portava a pranzo nel ristorante di un suo parente, e poi via ad allenarsi. Pietro era tutto storto, sgangherato, parlava male e non era certo simpatico. Nessuno pensava che sarebbe diventato una stella, nemmeno lo zio».

Tutto su L'Eco di Bergamo del 23 marzo

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