Il mistero della chiesa scomparsa
Di Santa Giulia resta solo l'abside

Nel mattino d'estate si sentono soltanto cinguettii, ronzii di insetti. Attorno la campagna è coltivata e si alterna a siepi e a boschetti, al cimitero silenzioso. Al confine del camposanto si erge quello che resta della chiesa romanica di Santa Giulia.

Nel mattino d'estate si sentono soltanto cinguettii, ronzii di insetti. Attorno la campagna è coltivata e si alterna a siepi e a boschetti, al cimitero silenzioso. Al confine del camposanto si erge quello che resta della chiesa romanica di Santa Giulia: absidi, colonne, capitelli dalle figure geometriche, dai volti scolpiti, corpi mostruosi. Non c'è bisogno di arrivare fino a San Galgano, in mezzo alla Toscana: il fascino della grande chiesa crollata o forse non conclusa, con la sua monumentale abside che ancora sale verso il cielo lo si respira qui, a Bonate Sotto.

Ci troviamo nel lembo di terra compreso fra il torrente Lesina e il Brembo, nell'area del parco naturale del fiume, a sud del paese. Della grande chiesa resta il luogo dell'altare, il cuore del tempio, l'abside con i suoi muri di pietra. Pietre chiare, ben squadrate, muri ben costruiti. Un'abside «trilobata»: non un solo grande ambiente semicircolare, ma tre ambienti, come tre cappelle, una grande al centro, le due più piccole ai lati. Restano anche parti di colonne lungo quello che doveva essere lo sviluppo delle tre navate.

Le navate non ci sono più, resta una sola delle cinque campate, non c'è soffitto, non c'è tetto, anche le pareti laterali sono scomparse. Ma furono mai davvero terminate? Oggi esiste un muro alto circa tre metri che ha preso il posto delle antiche pareti e forma un perimetro, che comincia dall'abside e chiude l'antica chiesa in una sorta di recinto. Al posto del tetto il cielo libero e azzurro, al posto della pavimentazione e dei banchi un vialetto di ghiaia, l'erba e le tombe. Tombe di pietra, tombe antiche, croci, lapidi. Nomi di persone che se ne sono andate cento, duecento anni fa. Un angioletto in pietra nell'atto di asciugarsi una lacrima custodisce la tomba di una bambina. Difficile non fermarsi per una carezza. Fotografie di persone che non ci sono più, che forse nemmeno più nessuno ricorda in paese.

Nell'Ottocento, lo spazio davanti all'abside di Santa Giulia, lo spazio che era stato delle tre navate della chiesa, venne adibito a cimitero. Ma perché venne costruita questa grande chiesa verso la fine dell'XI secolo? Da chi? Venne mai davvero ultimata? E perché fu demolita? Anche ammettendo che sia stata ultimata e poi demolita, perché l'abside venne conservata? Conservata e poi, nel Settecento, di nuovo valorizzata. Nel 1795, infatti, un pittore piuttosto conosciuto nella Bergamasca, Vincenzo Angelo Orelli, insieme al fratello Baldassarre, affrescò l'abside centrale che diventò la cappella cimiteriale. L'intervento settecentesco probabilmente salvò l'antica chiesa, sebbene il sopralzo che venne realizzato non abbia molto a che vedere con l'eleganza dell'architettura romanica originale.

Santa Giulia è immersa nel verde, il cielo è il suo tetto, la sua vita la trascorre in compagnia dei morti. Ma quando è nata, la situazione era molto, molto diversa. Il luogo dove si trova è particolare, ben difendibile, fra Brembo e Lesina. E in questo punto, vicino alla chiesa, doveva trovarsi un paese importante, Lesina, che forse prendeva il nome dal torrente. Una pergamena del 1088 ricorda il «castrum de Lesina», ovvero la presenza di un villaggio fortificato. Un'altra pergamena, sempre conservata nell'archivio capitolare della Curia di Bergamo, nel 1104 menziona il «mercato del castello di Lesina». Un villaggio fortificato e un mercato. Non poco, segno che si trattava di una comunità rilevante.

Ancora oggi, a sud del cimitero, si incontrano numerosi resti di ciottoli, dei mucchi chiamati «murere»: potrebbero rappresentare i resti dell'antico insediamento. D'altronde, questa zona era abitata anche al tempo dei Romani, lo testimonia l'urna funeraria rinvenuta scavando nei pressi della chiesa e conservata ancora oggi sopra un capitello della chiesa. L'urna risale al II secolo dopo Cristo: già allora, in questo luogo doveva trovarsi un'area funeraria. Sull'urna una scritta: «Romanae Titianae quae vixit». Un nome, quello di Tiziana. Dal nome una leggenda: si disse che in questo luogo fosse stata seppellita una figlia della regina Teodolinda. In realtà l'urna è ben più antica. La leggenda testimonia che in questa zona dopo i romani sono passati anche longobardi e franchi e che la chiesa romanica molto probabilmente sorse al posto di una più antica.

Ma perché venne abbandonata? Il vescovo Soranzo in visita pastorale, nel 1550, rimase stupito dalla situazione. Si legge nella relazione della visita: «Questa chiesa gli sembrò di ammirevole antichità e molto artistica e che era stata di bellissima struttura... ma ormai indecorosa a causa della rovina. Era molto ampia e bella, si innalzava con diversi tipi di colonne e archi. È distrutta per metà, del tutto verso l'alto, eccetto la cappella centrale che è a volta... ed è da dolersi il fatto che un così bel edificio fatto dagli antichi con ammirevole devozione e pietà, ai nostri tempi sia pieno di cespugli e di spine».

Fatto dagli antichi, ma da chi? Dice lo storico Riccardo Caproni: «Secondo ricerche recenti, pare che questa Lesina sia stata un luogo importante, terra della famiglia Da Lesina, casato potente che cadde in disgrazia perché si schierò con Milano contro il Barbarossa, mentre Bergamo si era schierata con l'imperatore: ne parla lo scrittore Giovanni Asino da Gandino in un poemetto. Il Barbarossa distrusse Crema e Milano; in quel momento - attorno al 1160 - Bergamo ghibellina attaccò il castrum di Lesina, i suoi abitanti fuggirono a Bonate. La splendida chiesa romanica era stata ultimata circa cinquant'anni prima: non sappiamo molto, ma è probabile che in quel momento sia iniziata la sua decadenza».

Paolo Aresi(1. Continua)

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