Mapello ricorda Natale Bertuletti
A lui una sala nello «Stal di Bile»

«Il figlio del pescatore» del '38, puro nel segno e limpido nella composizione, il cui sguardo si adagia fra toni terrosi, oltre la tela, nel profondo di se stesso, e si svela così simile a quello de «Il Disciplino» del '43, che guarda alla lezione di ritrattisti del passato. Gli occhi scuri di «Lucia» che nel '51 luccicano fra le trecce e, indomiti, si voltano verso il pittore; la vaporosa barba di un «Accattone» del '39 e la pastosa materia di paesaggi dipinti nei decenni '60 e '70 tra rive dell'Adda, vedute di campagna e profili di Città Alta; i «Vecchi ricordi» ricomposti su tela nel '65, le trasparenze di una «Natura morta con tegame» dell'80 e fiori che deflagrano di bianco nei vasi e, nel '90, ingialliscono sfumando con tutto il resto intorno.

Sono «Atmosfere e volti della terra natia» che il pittore Natale Bertuletti (1915-94), allievo di Brignoli e di Barbieri alla Carrara (che conserva il suo ritratto de «Il pastorello» del '50), ha raccontato in pittura con mestiere e sensibilità per tutta la vita e che il Comune di Mapello, sua città natale, raccoglie in una retrospettiva di una trentina di tele e tavole da collezioni private presso la Biblioteca nel ristrutturato Stal di Bile. La mostra, organizzata in collaborazione con la sua famiglia, chiuderà sabato 6 giugno (orari di apertura: dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18).

«È il riconoscimento ufficiale della nostra comunità a un concittadino che ha onorato Mapello con la sua arte, - spiega l'assessore alla Cultura Alessandra Locatelli - mantenendo sempre uno stretto legame con la sua terra dove ha lasciato tracce del suo operato. Alcuni mapellesi lo hanno conosciuto personalmente, qualcuno è stato anche raffigurato nelle sue tele o immortalato negli affreschi del Santuario della Madonna di Prada, ma forse i più giovani non hanno mai sentito parlare di lui».

Bertuletti fu infatti ritrattista, affrescò numerose chiese bergamasche fra il '35 e il '65, fu presente in personali e collettive, anche al di fuori di Bergamo e dell'Italia, fino all'88 e poi fino alle più recenti retrospettive nella Sala Manzù della Provincia e nell'Atelier del Tadini di Lovere (le due istituzioni conservano sue opere).

Gli oli su tavola e su tela donati dalla famiglia al Comune introducono il percorso espositivo nella torre medioevale e resteranno esposti in permanenza: il ritratto de «La ragazza di Mapello» del '35, la processione al santuario de «La Madonna Pellegrina» del '51 e «Lungo l'Adda» del '78, «Cardi con pipa» dell'85 e l«Autoritratto» del '45, icona della mostra.

Gli autoritratti - in mostra anche due degli anni '80 - sono, secondo il critico Amanzio Possenti, «una predilezione del pittore e una tecnica di racconto che rifugge da solitari narcisismi e diventano in lui ritagli di un'esperienza sofferta, ricordi di un giorno e di un momento, nei quali si misura la temperie dell'epoca».

Una sezione documentaria testimonia il rapporto con Papa Giovanni XXIII, che Bertuletti ritrasse più volte da quando lo conobbe Patriarca di Venezia alla fine degli anni '50 (le opere sono nel Patriarcato e in Vaticano). «Il cardinale - ricorda monsignor Loris Francesco Capovilla in «Volto d'angelo. Papa Giovanni visto da Natale Bertuletti» (1981) - apprezzava nell'artista l'assenza di posa e di presunzione, l'umile schiettezza, il candore non inquinato dalle mode e quel suo piegarsi sui solchi secolari dell'arte italiana, nello sforzo tranquillo di esaltare i valori che consacrano la vita, la verità e la libertà, la bellezza e la fratellanza». Umile e gioviale, come lo ricorda il figlio, «ha sempre preferito guadagnarsi la stima sul campo».

Elisabetta Calcaterra

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