Seriate, chi è l’algerino espulso?
Imbianchino, in casa niente armi

Chi è veramente Redouane Sakher, l’algerino di Seriate espulso lunedì dal Ministero dell’Interno con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo?

«Il Corano ritiene voi cristiani degli infedeli da combattere», «Gli Usa con i loro bombardamenti aerei uccidono civili e così l’Isis per vendicarsi ammazza civili in Occidente», ha argomentato davanti agli agenti bergamaschi che lo scortavano durante il rimpatrio coatto in Algeria. Parole da integralista, forse da «simpatizzante» di Daesh, che però non bastano per il momento a dimostrare la sua appartenenza alle divise nere del Califfato. Contro di lui c’è finora solo un contatto con un connazionale in odore di Isis: un uomo che ha sempre vissuto in Algeria e al quale, probabilmente nel corso di un viaggio a settembre, Sakher ha girato un telefonino a sé intestato, col quale l’altro ha effettuato delle conversazioni ritenute compromettenti.

È per questo che la Dda di Brescia, che lo aveva indagato a piede libero due mesi fa, non ne ha mai chiesto l’arresto, optando alla fine per l’espulsione per motivi di sicurezza. A far drizzare le antenne è stata, tra le altre cose, una mossa compiuta nelle ultime settimane dal quarantenne di Seriate, imbianchino disoccupato che campava con lavori saltuari e da dieci anni residente nella Bergamasca: il saldo di alcuni piccoli debiti. Gli investigatori l’hanno interpretato come il comportamento di uno che si appresta a tagliare i ponti col passato.

Al momento però non ci sarebbero prove concrete: nell’abitazione di via Alpini 12 a Seriate, dove viveva con la moglie bergamasca di 39 anni, convertita all’Islam, i poliziotti non hanno trovato esplosivi né armi, solo immagini di predicatori radicali e di un elicottero da combattimento.

Su L’Eco di Bergamo del 13 ottobre una pagina di approfondimento

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