Ospedali scoprono'magia'web: boom webcast e profili Facebook

Apc-Usa/ Ospedali scoprono'magia'web: boom webcast e profili Facebook

In tempi di crisi gli ospedali americani scoprono improvvisamente l'utilità di Internet, e si rivolgono ai siti di social network per promuovere i loro servizi, operazioni incluse. Ecco così che YouTube, Facebook e Twitter diventano di colpo strumenti di marketing indispensabili, e arrivano a mostrare dal vivo anche quanto accade in una sala operatoria.

Il caso del Methodist University Hospital parla da solo: l'ospedale ha infatti diffuso un webcast che riprende una craniotomia effettuata con il paziente sveglio.

In poche parole, il webcast trasmette un video in cui una paziente con il cranio aperto risponde tranquillamente alle domande del chirurgo e interagisce con lui; questo, mentre il chirurgo si districa nel suo cervello tentando di rimuovere un tumore maligno che rischia di paralizzare la parte sinistra del suo corpo. Del paziente si sa anche il nome: si tratta di Shila Renee Mullins, 42 anni, che ha risposto di sì alla domanda. "Ti dispiacerebbe se riprendessimo con una telecamera quanto sta accadendo, in modo da permettere ad altre persone di guardare?".

Il video ha avuto un 'successo' tale, da essere visto in webcast da 2.212 persone; altre 21.555 lo hanno "conosciuto" accedendo a YouTube. "Lo scopo è quello di migliorare la nostra reputazione e anche di istruire la comunità, che vorrà saperne di più sui nostri servizi!", spiega al New York Times Jill Fazakerly, direttore marketing del Methodist Hospital.

Quello dell'ospedale di cui sopra non è però solo un caso. Ed Bennett, direttore di strategie web presso la University of Maryland Medical System, ha reso noto infatti che più di 250 ospedali fanno ricorso a siti come YouTube e Facebook, ma anche a diversi blog, per promuovere i loro servizi. Bennett ammette di essere sorpreso, in quanto di norma "gli ospedali hanno un atteggiamento estremamente conservatore" nei confronti di tali novità.

Ma la crisi è tale e i costi di marketing talmente esosi che molti ospedali hanno già da tempo il loro profilo su Facebook, come - solo per citare una delle tante - l'organizzazione che si prepone l'obiettivo di sconfiggere la demenza e che su Facebook ha la sua pagina "Defeat Dementia", con più di 1.500 membri; si tratta di persone che, se non fosse stato per il sito, non si sarebbero mai incontrate e non avrebbero mai scambiato le loro idee riguardo alla malattia, come fanno invece ora scambiandosi messaggi sulla pagina di Facebook. Se poi si va su YouTube, è possibile trovare anche il canale dello Ucsf Memory and Aging Center.

In tutto questo a volte c'è però anche un 'inganno', di cui parla Oren Sagher, neurochirurgo della University of Michigan Health System. !"I pazienti vengono da me e mi riconoscono dopo aver visto la pubblicità". Poi però il tipo di orgoglio provato lascia spazio alla frustrazione, visto che ci sono alcuni ospedali "di secondo grado", come li chiama lui, che appaiono decisamente meglio di quello che sono grazie a una buona pubblicità su Internet.

Il ricorso al web è inoltre tale che a volte, soprattutto con Twitter, le informazioni di quanto accade nella sala operatoria vengono date in tempo reale da un altro medico che sta osservando l'operazione.

Indicativo è il caso dell'Henry Ford Hospital di Detroit che usa regolarmente il sito. Bill Ferris, manager dei servizi internet dell'ospedale, ha raccontato l' episodio che si è verificato quando a un certo punto, nel corso di un'operazione volta a rimuovere un tumore che aveva colpito il rene di un paziente, il chirurgo Craig Robers ha temuto che, vista la grandezza del tumore, fosse necessario procedere alla rimozione del rene intero. A quel punto, un altro medico presente ha scritto su Twitter. "Il dottor Rogers sta dicendo che, visto che il tumore è grande, potrebbe dover procedere a una radicale nefrectomia (appunto asportazione del rene)".

Fermo restando che in questi casi i pazienti danno il loro previo consenso (e che non ricevono per questo alcun compenso), lo stesso Ferris si è posto un interrogativo. "La preoccupazione è se succede qualcosa di sbagliato.. in questo caso la notizia diventa pubblica in tempo reale. Il nostro piano generale è dunque quello di interrompere la nostra comunicazione con Twitter se la situazione diventa molto grave. Non bisogna necessariamente scrivere sul sito che qualcuno sta morendo in sala operatoria, e Dio impedisca che la famiglia apprenda la notizia in questo modo".

Allo stesso tempo però E. Haavi Morreim, etico del College of Medicine della University of Tennessee afferma che "se viene mostrata solo la parte buona, si può finire con l'informare male la gente o con il fornire attese eccessivamente ottimistiche".

Insomma, i nodi da sciogliere sono ancora molti. Detto questo gli ospedali Usa hanno trovato indubbiamente il modo di farsi pubblicità senza spendere molto.

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