Il sangue di Marco salva la vita al vescovo ferito nell’agguato in Sud Sudan: «Donato con gioia»

Gamba, originario di Villa d’Almè, è un cooperante del Cuamm. Il suo gruppo sanguigno (zero negativo) raro da trovare, la donazione ha salvato la vita di padre Christian Carlassare, vescovo della città di Rumbek.

La salvezza di una vita racchiusa in uno zero negativo. È il gruppo sanguigno con cui Marco Gamba, 29 anni, cooperante di Medici con l’Africa Cuamm originario di Villa d’Almè, in Sud Sudan ha potuto salvare attraverso una donazione la vita di padre Christian Carlassare. Quest’ultimo, vescovo della città di Rumbek, era stato ferito gravemente durante un agguato riconducibile, spiega lo stesso Gamba, a «una lotta tra due etnie da tempo opposte». E così Gamba, che si trova in Sud Sudan dallo scorso marzo dopo avere avuto altre esperienze in Indonesia, India e Iraq, ha potuto compiere un grande gesto di solidarietà. E dare voce a quanto sta scritto nel Talmud secondo cui «se salvi un uomo salvi il mondo». «Quel giorno – spiega Gamba – avevamo organizzato un pranzo conviviale a cui aveva preso parte anche lui, persona giovane e molto gioviale. Ovviamente non potevamo prevedere che la notte sarebbe accaduto tutto questo, per fortuna ora la situazione si è normalizzata ma naturalmente abbiamo vissuto momenti di enorme spavento». Peraltro, aggiunge Gamba, «in un paese dove già le donazioni di sangue sono poche, era ancora più difficile trovare qualcuno con un gruppo zero negativo; un medico che opera qui con noi si ricordava che io avevo questo gruppo, poi è stata contattata una mia collega che, a sua volta, in piena notte, mi ha avvertito. L’ho fatto con gioia».

A una circostanza favorevole se ne è subito aggiunta un’altra: «Che il mio telefonino fosse acceso durante la notte è stato assolutamente un caso – prosegue Gamba – di solito, infatti, a quell’ora lo tengo spento». E la sua preoccupazione si è distesa in un sorriso liberatorio nel momento in cui, prosegue, «ho potuto vedere padre Carlassare e l’ho trovato molto lucido nonostante il ferimento subito alle gambe». Insomma, molta paura ma il peggio sembra essere decisamente alle spalle: «Si è trattato davvero di momenti piuttosto concitati – aggiunge Gamba –: quando ero stato avvertito del fatto che avevano sparato a padre Carlassare davvero sono rimasto sgomento, quando senti che hanno sparato a una persona purtroppo tendi a pensare le cose più tragiche». Se sulle dinamiche della sparatoria qualche lume è stato acceso, sulle possibili cause si viaggia per ipotesi. Gamba parla della presenza di «una lotta tra etnie che da tempo si oppongono l’una all’altra». E, pur se padre Carlassare ha mantenuto rispetto a esse una posizione assolutamente equidistante, spiega ancora il cooperante bergamasco, «a una di queste due etnie, come accade in diversi casi, probabilmente non era gradita la sua designazione come vescovo». La vita, dopo il terribile agguato e come evidenzia una nota del Cuamm, sta ritornando a scorrere sui binari della normalità. «A pochi giorni dall’agguato in ospedale il lavoro è ripreso, nella speranza che presto si faccia luce sulla vicenda e che il dialogo e la pace abbiano la meglio, sempre, sulla violenza».

Il Sudan del Sud, infatti, è stato martoriato in modo particolare negli anni compresi tra il 2013 e il 2020 da un sanguinoso conflitto tra le etnie Nuer e Dinka che si sfidarono per la conduzione politica del paese in seguito al raggiungimento del suo status di indipendenza. Il paese, suddiviso in dieci stati cui si aggiungono le aree amministrative di Pibor e Ruweng, ha ora un assetto di repubblica presidenziale, presieduta da Salva Kiir Mayardit.

Ora che la paura è passata e padre Carlassare si sta ristabilendo, Gamba è pronto a reimmergersi con la passione di sempre nel suo impegno di amministratore contabile. Che ,sottolinea, «mi dà profonde soddisfazioni sia sul piano professionale che su quello umano perché mi fa stare a contatto con progetti centrati sulla dignità delle persone e non sul profitto».

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