Vale più
di una vittoria

Ci sono pareggi che valgono più di una vittoria, magari di prestigio ma risicata, e lo 0-0 di San Siro contro il Milan è già entrato nella storia atalantina. Accanto ai colpacci da leggenda contro le big in trasferta. Ok, i nerazzurri non hanno vinto e il Milan non si è dimostrato lo squadrone che sogna il Berlusca, ma quando mai si era ammirata un’Atalanta che indossa i panni di primattrice assoluta nella Scala del calcio e costruisce palle-gol in serie con i rossoneri assediati e il loro portiere - il sedicenne Donnarumma - costretto a un lavoro straordinario (dicesi sfruttamento minorile...)?

Ci sono partite che restano nel cuore dei tifosi perché sono giocate con il cuore e quella di sabato sera ne è stata l’emblema. Cuore, gambe e gioco. Non c’è stato il gol che è il sale del football, ma stavolta, anche se mister Reja sarà ancora tormentato dal pensiero della vittoria sfumata, diamo un calcio al cinismo imperante, che bada in primis al risultato, perché c’è stato tutto il resto. È perché se una squadra gioca così il futuro non potrà che sorriderle. Sicuramente stona constatare che l’Atalanta in campo esterno non segna da addirittura 419’ (recuperi esclusi, ovvero dal gol-vittoria di Toloi a Empoli al 31’ pt, dopo quattro giornate d’astinenza), nonostante uno schieramento con il tridente e giocatori tecnici e veloci. Crediamo sia abbastanza un caso, determinato da motivi transitori (l’inferiorità numerica a Firenze, la forza della Juventus, la giornata nera di Bologna e lo sfortunato tiro al bersaglio di San Siro), anche se è innegabile che lontano dal Comunale l’Atalanta è meno graffiante e cattiva davanti alla porta avversaria. E che Pinilla, terminale della manovra d’attacco e giocatore assolutamente fondamentale per i bergamaschi, sta evidenziando una discontinuità generale. Con anche Pinilla in giornata di vena l’Atalanta avrebbe vinto a Milano.

Nella serata di sabato si sono ammirate la perfetta organizzazione tattica dei bergamaschi, un capolavoro di Reja, la loro invidiabile condizione fisica e una personalità da grande squadra. Una serata speciale per quasi tutti i giocatori nerazzurri, ma per diversi di loro si è rivelata addirittura magica. Pensiamo a Raimondi, 34 anni, titolare e capitano, un’emozione indescrivibile per un bergamasco e atalantino fino al midollo come lui, che ha sofferto contro la vitalità di Niang ma alla fine ha vinto la perseveranza e lo spirito di sacrificio dell’esterno brembano, E a Bellini, 35, che - nonostante sia entrato a freddo al 20’ pt per sostituire l’infortunato Dramè - ha ridimensionato Cerci, considerato in grande forma, con disinvoltura ed esperienza. Le frecce rossonere? No le bandiere nerazzurre.

E che dire di Toloi? Avrebbe potuto risentire del grave errore di Bologna e invece fin dal primo minuto ha dimostrato un grande temperamento con una serie di interventi risolutivi. De Roon ormai ci ha abituato a prestazioni super, ma a San Siro - sul palcoscenico dove Van Basten, il suo allenatore all’Heerenveen, ha regalato gol stellari ai rossoneri - si è addirittura superato: una piovra, una calamita, tutti i palloni erano suoi. Infine Gomez, una saetta sul manto erboso meneghino, una continua spina nel fianco della difesa rossonera. Se continua così diventerà uno dei pezzi pregiati del calciomercato.

Nel prossimo weekend non si giocherà, c’è la sosta e siamo quasi a un terzo del campionato. I numeri dicono che l’Atalanta ha 18 punti in 12 giornate, è in settima posizione a braccetto con Juventus e Lazio, a +7 sull’area retrocessione (il Frosinone è terzultimo a quota 11) e a -4 dall’orbita Europa League (il Sassuolo, rivelazione del torneo con i bergamaschi, è quinto con 22). Una classifica più bella non si poteva ipotizzare alla vigilia del campionato.

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