Le staminali per riparare la pelle

Ormai siamo conosciuti da tutti come gli «inventori della pelle artificiale». Questo è diventato ormai il nostro biglietto da visita nel mondo scientifico. Tutto risale a oltre trent’anni fa, agli anni Settanta, quando il nostro laboratorio si qualificò a livello internazionale proprio come luogo di nascita della cosiddetta "pelle artificiale". In effetti avevamo scoperto che, costruendo una matrice macromolecolare porosa opportunamente seminata di poche cellule dell’epidermide, si poteva ottenere la rigenerazione non solo dell’epidermide, ma anche del derma, il tessuto che si trova in profondità nella pelle. La «pelle artificiale» si è dimostrata efficace dapprima sugli animali e poi sugli esseri umani. In circa diciotto giorni si può ripristinare la pelle su ampie regioni del corpo di un grande ustionato; un rivestimento nuovo quasi perfetto (a cui mancano solo alcune strutture annesse) si rigenera in vivo, a partire da una piccolo numero di cellule prelevate con una biopsia, senza bisogno di trapianti.Il problema delle cicatriciEra la prima volta nella storia della scienza che si riusciva a indurre alla rigenerazione un organo che non lo farebbe spontaneamente. Nei mammiferi adulti gli organi danneggiati a seguito di un trauma o di una grave malattia non si rigenerano e non riacquistano la loro piena funzionalità, perché, se tutto va bene, nel sito interessato di norma si forma una semplice cicatrice. Questa ha caratteristiche diverse dal tessuto originario e la sua presenza rende l’organo meno efficiente di prima. Inoltre la cicatrizzazione può causare seri problemi di salute all’organo interessato. Dal nostro punto di vista poi la formazione delle cicatrici rappresenta un vero problema visto che è il principale ostacolo alla rigenerazione di organi negli adulti. Un caso molto interessante è quello dei feti dei mammiferi in cui il fenomeno di cicatrizzazione non si verifica e i danni agli organi sono riparati con una piena ripresa della funzionalità. I nostri studi puntano alla ricerca di soluzioni che impediscano la cicatrizzazione: un tentativo quindi di riprodurre artificialmente la rigenerazione che avviene nei feti spontaneamente.Sostegni sinteticiI primi esperimenti sulla pelle artificiale e poi altri risultati ottenuti su altri organi, in particolare i nervi, hanno dato l’avvio a un nuovo ramo della medicina, quello della medicina rigenerativa. L’obiettivo è quello di trasferire le tecniche sviluppate per pelle e nervi a altri organi. I primi pazienti trattati con i metodi della medicina rigenerativa sono stati i grandi ustionati, si è poi passati a curare i ricoverati per chirurgia plastica e poi i pazienti con ferite croniche.Dopo i successi con la pelle, la medicina rigenerativa ha ottenuto buoni risultati anche sui nervi periferici che innervano le gambe, le braccia o il volto. Se per un incidente i nervi vengono recisi e non sono curati, possono procurare forte dolore per tempi lunghi e peggiorare seriamente la qualità della vita. Un comune trattamento chirurgico consiste nel riavvicinare le estremità e ricucirle. Ma se le due terminazioni sono troppo lontane, la loro sutura può comportare un’inefficienza nel funzionamento del nervo e nella conduzione degli impulsi nervosi. Oggi per indurre le due estremità del nervo a rigenerarsi quando sono troppo lontane viene utilizzata una struttura di sostegno simile, ma non identica, a quella sviluppata per la pelle.In tutti i casi, le tecniche della medicina rigenerativa si basano sulla scoperta che alcune forze meccaniche giocano un ruolo fondamentale nel processo di cicatrizzazione nei vari organi del corpo. I trattamenti prevedono l’applicazione all’organo danneggiato di una struttura di sostegno, un’impalcatura sintetica con attività biologica. Le nostre attuali conoscenze sulla formazione delle cicatrici ci insegnano che il processo può essere prevenuto e questo è proprio quello che vorremmo ottenere. Sembra che le cicatrici si formino attraverso un ravvicinamento che in quasi tutti gli organi si attiva per richiudere le ferite. La ricomposizione della ferita è un fenomeno meccanico nel quale le cellule del tessuto danneggiato tirano i due lembi verso il centro, in modo da rimarginarla. Ovviamente si tratta di un meccanismo d’importanza vitale, dato che una ferita aperta può essere letale sia perché è più soggetta all’infezione sia perché favorisce la disidratazione. Nel medioevo i prigionieri venivano flagellati a morte in modo che le lacerazioni prodotte sulla pelle fossero proprio ferite estese da cui si produceva una disidratazione in massa della persona.Il nostro approccio alla medicina rigenerativa consiste nel cercare un modo per impedire il riavvicinamento, con strutture di sostegno biologicamente attive, così da indurre le ferite a guarire per rigenerazione, proprio come accade spontaneamente nei feti di mammifero. Nuove frontiere di ricercaUn altro aspetto che stiamo indagando è il ruolo delle cellule staminali; infatti le ferite ne contengono molte, ma non si sa ancora quale sia il loro compito nella guarigione e come possano essere attivate. Le impalcature utilizzate nella medicina rigenerativa riescono a deviare il percorso di guarigione verso il restauro del tessuto originale, impedendo che s’imbocchi la strada della cicatrizzazione. Se riusciamo a comprendere esattamente come questi processi di rigenerazione si realizzano nella pelle e nei nervi, in un futuro potremmo riuscire a estendere l’approccio ad altri organi, come i reni o il fegato.La medicina rigenerativa è una speranza per il futuro di tutte quelle persone che hanno organi gravemente lesionati da una malattia o da un trauma. Utilizzando questo approccio è già possibile far ricrescere la pelle, i nervi periferici e la congiuntiva dell’occhio. Al giorno d’oggi non sono più necessari trapianti di pelle o di nervi e si spera presto di poterne evitare molti altri. Il che è senz’altro utile, considerando la carenza di donatori di organi e il fatto che molte persone muoiono in attesa di trapianto.  (06/10/2007)Ioannis YannasMit Boston

© RIPRODUZIONE RISERVATA