Locatelli, ancora interrogatori
Ma gli orobici negano le accuse

È stata una giornata di interrogatori quella di mercoledì nell'ambito dell'inchiesta sul traffico di rifiuti e corruzioneche vede coinvolta la Locatelli. Interrogati i 5 ai domiciliari, di cui 4 bergamaschi. E tutti negano le contestazioni.

È stata una giornata di interrogatori quella di mercoledì, in tribunale a Brescia, nell'ambito dell'inchiesta sul traffico di rifiuti e corruzione che ha portato all'arresto, settimana scorsa, dell'ormai ex vicepresidente del Consiglio regionale, Franco Nicoli Cristiani, del presidente della holding Locatelli di Grumello del Monte, Pierluca Locatelli, del coordinatore dello staff della direzione generale di Arpa Lombardia, Giuseppe Rotondaro, e di altre sette persone, sei delle quali si trovano agli arresti domiciliari.

Giovedì sono stati sentiti cinque degli indagati – quattro dei quali bergamaschi – che sono appunto ai domiciliari: quattro di loro hanno risposto al gip, negando gli addebiti e fornendo la propria versione dei fatti, mentre uno si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Dopo che, nei giorni scorsi, erano state sentite dal gip le quattro persone che si trovano in carcere (oltre a Nicoli Cristiani, Locatelli e Rotondaro, anche Andrea David Oldrati, titolare della società «Terraverde Srl», che effettuava consulenze ambientali per il colosso di Grumello) e la moglie di Pierluca Locatelli, Orietta Rocca, che è ai domiciliari, si sono seduti di fronte al giudice firmatario dell'ordinanza di custodia cautelare, Cesare Bonamartini, gli altri cinque indagati ai domiciliari, vale a dire quattro dipendenti della Locatelli e uno della Terraverde. Si tratta di Giovanni Battista Pagani, di Pontoglio (Brescia), considerato il «factotum» di Locatelli, Bartolomeo Gregori, di Telgate, responsabile degli autisti e dei mezzi della Locatelli, Egidio Grechi, di Romano di Lombardia, consulente ambientale interno della Locatelli, Walter Rocca, di Bolgare, responsabile dell'impianto di recupero dei rifiuti della Locatelli a Calcinate, e Giorgio Oprandi, di Vertova, dipendente di Terraverde. Pagani, Gregori e Rocca – tutti assistiti dall'avvocato Marina Zalin, del foro di Verona – hanno scelto di rispondere al gip, praticamente negando gli addebiti e riferendo al gip di aver agito nel loro ruolo di dipendenti della società Locatelli. Mezz'ora a testa il tempo trascorso nell'ufficio del giudice bresciano.
L'avvocato Zalin ha così commentato l'esito dell'interrogatorio reso avanti il Gip di Brescia: «I miei assistiti hanno tutti risposto alle domande del Gip chiarendo la loro posizione rispetto alle contestazioni che erano state formulate. È stato in particolare evidenziato come tutti i materiali in uscita dall'impianto di Biancinella venivano trattati secondo quanto prescritto dall'autorizzazione. Nessun “giro bolla” è stato mai effettuato; le intercettazioni assunte sul punto dagli inquirenti si riferivano a movimenti di materiale già trattato e ormai privo della qualifica di “rifiuto”, che la ditta Locatelli acquistava dalla Portamb, corredato dalla necessaria documentazione di analisi, e rivendeva, allegando a sua volta le medesime analisi, a Bre.be.mi. A riprova della regolarità delle operazioni, nessuna contestazione formale è mai stata mossa dal Consorzio che non ha mai rifiutato il materiale fornito».


Molto più rapido l'interrogatorio di Egidio Grechi, difeso dall'avvocato Alessandra Stefana, che si è infatti avvalso della facoltà di non rispondere. L'unico interrogatorio che si è protratto per oltre un'ora è stato quello di Giorgio Oprandi: affiancato dal suo legale, l'avvocato Marco De Cobelli, non si è limitato a rispondere alle domande del giudice, ma ha anche voluto illustrare nei dettagli i contenuti delle telefonate che gli vengono contestate. «Trattandosi di un consulente della Terraverde – spiega l'avvocato De Cobelli – nelle telefonate riferiva questioni appunto tecniche e legislative, all'apparenza poco chiare, ma che si riferivano alle attività in corso. Per questo ha voluto illustrare ciascuna contestazione al giudice».

Per tutti e cinque i difensori hanno presentato istanza di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari: il gip Bonamartini si è preso cinque giorni di tempo per decidere in tal senso. È stata invece respinta l'istanza presentata dall'avvocato Bartolomeo Falcone, del Foro di Milano e difensore di Andrea David Oldrati: l'avvocato aveva chiesto al gip che il suo assistito fosse scarcerato (si trova in cella nella casa circondariale di via Gleno a Bergamo), ma il giudice gli ha negato l'apertura delle porte del carcere. Anche la moglie di Pierluca Locatelli, Orietta Rocca, resta per il momento ai domiciliari nella sua casa di Grumello del Monte: di fronte al gip, difesa dagli avvocati Roberto Bruni e Marco De Cobelli, la donna si era avvalsa della facoltà di non rispondere, anche perché colpita da un attacco d'ansia. E restano in carcere a Brescia gli altri tre indagati, ritenuti dalla Procura bresciana figure chiave dell'inchiesta: Franco Nicoli Cristiani (accusato di corruzione e difeso dall'avvocato Piergiorgio Vittorini), Pierluca Locatelli (traffico illecito di rifiuti e corruzione, difeso da Roberto Bruni e Vanni Barzellotti) e Giuseppe Rotondaro (corruzione, avvocato Giuseppe Lucibello).

Tutto questo mentre i cantieri della Brebemi restano ancora sotto sequestro. Nel frattempo il Consiglio provinciale di Cremona ha chiesto, con voto unanime, che la Regione faccia un passo indietro e ritiri l'autorizzazione rilasciata a Cavenord per la discarica di amianto di Cappella Cantone, impianto al centro dell'inchiesta.

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