Arrestato latitante a Grone
È un romanziere amico dei boss

Per sfuggire ai carabinieri che gli davano la caccia, aveva scelto un nascondiglio ideale: una villetta a schiera a Grone, in una stradina a fondo chiuso, in località Colli di San Fermo. Giovanni Battista Lumini, 64 anni, lì si sentiva al sicuro, ma non è stato così.

Per sfuggire ai carabinieri che gli davano la caccia, aveva scelto un nascondiglio ideale: una villetta a schiera a Grone, in una stradina a fondo chiuso, in località Colli di San Fermo. Giovanni Battista Lumini, 64 anni, di Ospitaletto, 14 anni di carcere da scontare per vari reati (furto, ricettazione, estorsione, incendio, traffico di droga e sequestro di persona) lì si sentiva al sicuro ed era certo di non essere rintracciato. Invece l'altra notte, alle 3, alla sua porta hanno bussato i militari della compagnia di Chiari e del Ros di Brescia, che da mesi gli stavano col fiato sul collo.

È un personaggio poliedrico, Giovanni Battista Lumini, detto «Don Battista», latitante dallo scorso anno. Nel 1987 in carcere all'Ucciardone di Palermo conobbe il boss mafioso Michele Greco, «il Papa della mafia», di cui divenne grande amico e per il quale coltivava una specie di venerazione, a tal punto da battezzare suo figlio con il nome Antonello Michele Greco.

«Ma anche se sono amico dei Greco - precisò a suo tempo - non significa che sono un mafioso». Negli anni Novanta ebbe una certa notorietà come autore di romanzi e sceneggiature di film. Uno, «Tempo di giustizia», ispirato proprio alle vicende del clan dei Greco. Nel 2005 rimase coinvolto (accusato di estorsione, pur con una posizione ritenuta marginale) nell'operazione 'Nduja, che nella Bergamasca e nel Bresciano portò in carcere diversi presunti esponenti di famiglie legate alla 'Ndrangheta.

L'altra notte, quando i carabinieri lo hanno arrestato nella villetta di Grone, ha esclamato: «Ma come avete fatto a trovarmi? Complimenti!». E infine, senza opporre alcuna resistenza all'arresto, ha voluto a tutti costi portar con sé in cella la Bibbia, spiegando ai militari di aver avviato un percorso di fede e spiritualità, che non intende interrompere nonostante «l'imprevisto» delle manette.

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