Chiuduno, paese «poco sicuro»
Fra la gente c'è rabbia e paura

Il giorno dopo la rissa con accoltellamento a Chiuduno lo stato d'animo nel paese della Valcalepio è di chi è arrabbiato e al tempo stesso impaurito. «Chiuduno è un paese tranquillo e deve ritornare ad esserlo», quasi uno slogan quello del sindaco.

Il giorno dopo la rissa con accoltellamento a Chiuduno lo stato d'animo nel paese della Valcalepio è di chi è arrabbiato e al tempo stesso impaurito. «Chiuduno è un paese tranquillo e deve ritornare ad esserlo», quasi uno slogan, ma certamente una mission: la frase è del primo cittadino Stefano Locatelli, sotto i riflettori in questo strano settembre per la sua cittadina.

Chiuduno il giorno dopo, ma soprattutto quindici giorni dopo, dove la gente spacca gli occhi in due, lanciando una occhiata timorosa su via Montanari a due passi dalla stazione ferroviaria, e su via Kennedy, dove hanno lasciato il cuore dopo l'ora di mattanza della notte dell'8 settembre pagata a duro prezzo dall'incolpevole dottoressa di Trescore Balneario, Elisabetta Cantamessa.

Via Montanari è stata teatro della lite sfociata nel sangue fra un packistano rimasto ferito e due indiani, si trova a poche decine di metri dalla stazione ferroviaria.

«Abbiamo pochi poteri – spiega il primo cittadino Stefano Locatelli – serve più presenza dello Stato e certezza della pena, altrimenti non sarà facile per nessuno. Spesso chi delinque rimane impunito e questo finisce per diventare una calamita per chi delinque, non soltanto per gli immigrati».

Due pagine su L'Eco di Bergamo del 24 settembre

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