Granfondo trapiantati: 650 km in bici
per raccontare l'inizio di una nuova vita

Seicentocinquanta km, percorsi pedalando da otto ciclisti trapiantati, medici, accompagnatori, per raccontare soprattutto ai giovani che il trapianto è l’inizio di una nuova vita: torna la Granfondo Nazionale dei Trapiantati, giunta alla 6ª edizione.

Quest’anno con un nuovo percorso che porterà la carovana da Bergamo a Trento, toccando Mantova, Bologna, Ferrara, Padova e Vicenza. «Abbiamo scelto di restare nel nord Italia - ha spiegato la vicepresidente degli Amici del Trapianto di fegato, Valentina Lanfranchi - perché i contatti che terremo durante la manifestazione non restino un episodio isolato ma siano l’inizio di un rapporto stabile con le associazioni che incontreremo».

L’iniziativa, promossa dall’associazione e sostenuta dagli Ospedali Riuniti, ha soprattutto l’obiettivo di diffondere la cultura della donazione. Senza la disponibilità a donare, infatti, tutta l’esperienza maturata nel campo dei trapianti non potrebbe salvare chi è in lista d’attesa.

«In quasi 25 anni di trapianti - ha ricordato il direttore generale dei Riuniti Carlo Bonometti - abbiamo fatto molta strada e possiamo dire senza paura di essere smentiti di essere un centro di riferimento in Italia e in Europa. Tutto questo però è possibile grazie alla generosità di tante persone, di tante famiglie. Da parte nostra lavoreremo per mantenere i risultati eccellenti di questi primi sei mesi, in cui abbiamo eseguito 94 trapianti e avuto 12 donatori, rispettivamente 24 e 7 in più se confrontiamo i dati con lo stesso periodo del 2008. Sono risultati che abbiamo raggiunto grazie al fatto di essere una squadra, nella quale ci sono, è vero, tanti fuoriclasse, ma soprattutto c’è una scuola che sta facendo crescere dei giovani, un’intera organizzazione che consente di curare questi pazienti prima, durante e dopo il trapianto».

Valentina Lanfranchi ha voluto sottolineare il fatto che in ogni tappa il gruppo incontrerà gli studenti delle scuole superiori, «perché le nuove generazioni possono modificare quei problemi culturali che ancora oggi purtroppo rischiano di vanificare le eccellenze italiane in questo campo. A loro, alle aziende ospedaliere, alle associazioni e ai Centri trapianti porteremo anche l’eccellenza dei Riuniti e il nostro grazie a tutti gli operatori, dagli infermieri ai medici, per l’impegno che tocchiamo ogni giorno».

Il direttore sanitario Claudio Sileo ha ribadito l’importanza di coinvolgere la società: «Oggi il trapianto è un’attività routinaria, come dimostrano i numeri degli interventi. Al di là dell’atto medico però occorre un tessuto sociale pronto a riaccogliere queste persone che, come dimostra questa iniziativa, possono tornare a una vita del tutto normale».

Al Coordinatore al prelievo e trapianto d’organo della provincia di Bergamo, Mariangelo Cossolini, è andato il compito di ribadire cosa stabilisce la legge in materia di accertamento di morte: «È una procedura obbligatoria e indipendente dalla volontà o meno di donare, una volta che tutti i tentativi per salvare una vita sono purtroppo risultati vani. Stabilita la morte, si presenta l’opportunità di donare, opportunità che in quel momento però può essere difficile considerare per i familiari».

«Proprio per questo - ha sottolineato Luigi Cordioli, trapiantato di fegato sei anni fa - è importante parlarne con i giovani perché ne parlino con i propri cari e li aiutino a prendere una decisione così importante qualora fosse necessario».

Gli Amici del trapianto di fegato svolgono ogni settimana un’attività di aiuto e sostegno ai trapiantati e a chi attende un trapianto, grazie ai volontari che hanno ricevuto un’apposita formazione, nel reparto di Gastroenterologia degli Ospedali Riuniti, come ha ricordato Oliver Bigoni, trapiantato di fegato.

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