Intervista esclusiva al genetista Usa
Collins: «Sufficiente il Dna nucleare»

La nuova udienza del processo a Massimo Bossetti segna l’ingresso in aula delle prove. Dopo le schermaglie su autopsia e tabulati telefonici, la battaglia tra accusa e difesa entra nel vivo su temi decisivi.

Prima di tutto il Dna, ma anche le analisi delle telecamere e delle fibre sul giubbotto di Yara, ricondotte ai sedili dell’autocarro del muratore. Saranno tanti gli argomenti al centro della deposizione del colonnello Giampietro Lago, comandante dei Ris di Parma, testimone dell’accusa citato dal pubblico ministero Letizia Ruggeri.

E a proposito di Dna L’Eco di Bergamo in edicola mercoledì 21 ottobre pubblica in esclusiva l’intervista al genetista statunitense Francis Collins del «National Human

Genome Reseach Institute» di Bethesda nel Maryland, l’istituto mondiale che ha decifrato il genoma, la sequenza del Dna umano. Collins ha da poco lasciato la direzione dell’istituto, mentre il laboratorio che porta il suo nome è nelle mani del dottor Lawrence C. Brody, senior investigator.

«Il Dna identifica una sola persona, ma teoricamente può essere trasferito da un posto a un altro», sostiene Francis Collins. «Ciò accade molto spesso se sangue, saliva, liquidi seminali e altri fluidi corporei sono lasciati su superfici».

Uno dei cavalli di battaglia della difesa di Bossetti è il Dna mitocondriale. «Il Dna mitocondriale - spiegano Francis Collins e Lawrence C. Brody - da solo non può essere riconducibile a un singolo individuo. Questo perché il genoma mitocondriale è piccolo (solo 17 mila basi, rispetto al genoma nucleare che è lungo 6 miliardi di basi)». Un’opinione importante, che sembra nuovi scenari, anche se Collins e Brody non hanno voluto in alcun modo entrare nello specifico del caso di Yara.

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