«Da Bergamo si può migliorare il mondo»
Convegno in Vaticano: Gori con 70 sindaci

«Con 70 sindaci di tutto il mondo in Vaticano, per discutere di politiche di contrasto della povertà e sostenibilità ambientale».

Un tweet che suona pieno di soddisfazione quello di Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, a sottolineare la presenza della nostra città all’importante convegno promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali sulla scia della recente enciclica «Laudato si». Un convegno attento all’impegno degli amministratori locali per rendere le città più inclusive, sicure ed ecosostenibili e per combattere le nuove forme di schiavitù.

Le notizie, si sa, corrono via web, e così Gori ieri ha subito «tweettato» della partecipazione all’incontro e sul social network ha ribadito lapidario: «L’impegno dei sindaci per migliorare il mondo a partire dalle città», lanciando poi anche un paio di immagini di Papa Francesco con i sindaci. Gori ha preso la parola, ieri mattina, portando il saluto «dei cittadini di Bergamo», che - ha detto - è terra «soprattutto» di Papa Giovanni XXIII, «la cui “Pacem in Terris” oltre 50 anni fa rappresentò un passaggio importantissimo nella riflessione sui diritti fondamentali di ogni essere umano».

Inserendosi nel tema del convegno, il sindaco si è schermito accostando la piccola realtà bergamasca ai temi «giganteschi e universali» trattati dall’enciclica del Papa, e riferendosi all’idea di «migliorare il mondo a partire dalle città». Però ha anche sottolineato come, nel momento attuale, proprio «le città possono fare la differenza». E anche in «una media città come Bergamo» si può «sperimentare, concretamente, un diverso rapporto con l’ambiente e nuove modalità di contrasto delle più diverse fragilità». La prospettiva è quella dell’«ecologia integrale», compresa tra la salvaguardia delle risorse naturali e il rispetto di ogni persona umana, in particolare dei più deboli.

In questo contesto Gori ha affrontato alcuni temi sui quali anche Bergamo ha intrapreso cammini importanti. Il primo è quello della «salvaguardia del territorio». «Negli ultimi decenni – ha detto il sindaco – l’urbanizzazione più disordinata ha comportato un consumo del territorio assolutamente folle». Oggi invece «noi poniamo al centro del nostro operato, in questo campo, lo stop al consumo di suolo e la riqualificazione della città costruita». Col duplice obiettivo della valorizzazione del patrimonio ambientale e della qualità della vita delle persone, anche creando luoghi di incontro e coesione sociale.

Un altro tema, un’altra «scommessa» che parte dalle città, riguarda poi «una più efficiente gestione dei rifiuti», legata all’obiettivo di ridurre gli sprechi e «a un ambizioso progetto di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare pubblico e privato». A questo proposito Gori ha ricordato anche l’esistenza, proprio vicino a Bergamo del «più grande impianto europeo per il riciclaggio di rifiuti», a vantaggio della raccolta differenziata, che permette di evitare «oltre 200 mila tonnellate di emissioni CO2 ogni anno».

Ricordando la visione di Papa Francesco per cui proprio «nella dimensione locale» possono nascere maggiore responsabilità, senso comunitario oltre a «una speciale capacità di cura e una creatività più generosa», il sindaco ha inquadrato «la straordinaria molteplicità delle esperienze di volontariato e di cittadinanza attiva» che caratterizzano Bergamo. «Da qui, addirittura dalla dimensione dei quartieri, parte la sperimentazione di un nuovo modello di welfare comunitario che alle istituzioni comunali affianca la solida competenza maturata dai soggetti della cooperazione sociale e la rete solidale costituita appunto da tutti quei cittadini che, nei loro quartieri, decidono di prestare tempo ed energia alla cura degli altri», alla costruzione «del bene comune».

Bergamo è una città – confermano le riflessioni del sindaco – che raccoglie esperienze positive nella direzione indicata dal convegno vaticano. Tuttavia non mancano «contraddizioni e motivi di preoccupazione». Così, ad esempio, a proposito della vicenda migranti - «sempre più spesso visti con paura» - emerge come «la forte propensione a coltivare elementi di identificazione - alla base della tenuta del tessuto sociale delle nostre comunità – possa in taluni casi trasformarsi in chiusura, anziché darsi come punto di partenza per il dialogo e per la rielaborazione delle diversità». Col rischio di dimenticare proprio la lezione di Papa Giovanni nella «Pacem in terris», sul diritto di ogni essere umano di «immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse» e sulla necessità di favorire l’integrazione dei profughi. «I migranti in arrivo dal Nord Africa e dal Medio Oriente - ha insistito il sindaco Gori - vengono invece cinicamente descritti come una minaccia». Troppe porte si chiudono, «con evidente responsabilità, accompagnata da rilevanti carenze organizzative dello Stato, di chi strumentalmente agita un’assurda guerra tra poveri».

In gioco c’è niente di meno che la «coscienza di appartenere ad una sola famiglia umana». Per questo - ha concluso Gori - «dobbiamo impegnarci per far prevalere i valori positivi di cui le nostre comunità sono ricche», affiancando alla diffusa «preoccupazione per la natura» quella «verso i più poveri e i diseredati».

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