Sempre più studenti lavoratori
La doppia vita degli universitari

«Oggi è difficile che uno studente universitario non lavori» dice Piera Molinelli, prorettore delegato all'Orientamento di Ateneo. Almeno a Bergamo. Il fenomeno degli studenti lavoratori è in forte espansione nella nostra Università.

«Oggi è difficile che uno studente universitario non lavori» dice Piera Molinelli, prorettore delegato all'Orientamento di Ateneo. Almeno a Bergamo, verrebbe da dire. Il fenomeno degli studenti lavoratori è in forte espansione nella nostra Università. Molti studenti se non cominciano il corso di studi lavorando, lo finiscono. Colpa dei tempi difficili che stiamo attraversando, che spingono gli universitari a contribuire alle spese di famiglia.

Ma c'è anche una motivazione culturale. Il bergamasco è «homo faber»; creare, produrre è un valore da cui non può prescindere nemmeno chi studia, e poi oggi la laurea non è più garanzia di impiego sicuro, quindi prima si impara un mestiere e meglio è. «La tenuta delle iscrizioni nel nostro ateneo è dovuta anche al fatto che questo territorio dà ancora occasioni di lavoro – spiega la professoressa Molinelli –. Le tipologie di studenti lavoratori sono diverse. C'è chi riprende a studiare con due, tre anni di lavoro alle spalle, ci sono i giovani che durante il percorso di laurea triennale fanno esperienze lavorative e quelli che si avviano verso una professione durante il biennio della specialistica. C'è chi opta per le 150 ore in Università (piccoli contratti temporanei cui si accede con un bando), chi lavora all'esterno, chi per qualche mese fa un'esperienza di studio e lavoro all'estero».

Le esperienze di lavoro, non necessariamente qualificato, aumentano in tutte le facoltà, dalle umanistiche alle scientifiche, come confermano i direttori di dipartimento. Nonostante ciò, solo una minima parte di universitari si iscrive ai corsi come «studente part time».

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 4 aprile

© RIPRODUZIONE RISERVATA