Yara, conclusa la 4ª udienza del processo
Scotti: un uomo sul luogo del ritrovamento

Quarta udienza del processo a carico di Massimo Bossetti, il muratore di Mapello accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio. Udienza che si è conclusa poco prima delle 16,45 dopo l’audizione di due tecnici informatici.

Nel pomeriggio le deposizioni di due esperti informatici che si sono occupati delle analisi sui due computer di casa Gambirasio, uno della famiglia usato anche da Yara e uno della sorella Keba. È stato chiarito, tra le altre cose, che «Yara non aveva un profilo Facebook» ma utilizzava un social network per studenti, attraverso il quale «scambiava messaggi normalissimi». Più in generalenon sono state riscontrate «tracce di comunicazioni con terzi», escluse alcune mail di lavoro del padre di Yara, Fulvio, e un sistema di messaggistica che Yara utilizzò per tenersi in contatto con degli studenti tedeschi.Nessuna chat, Yara usava il computer quasi esclusivamente per coltivare le sue passioni, danza e musica, e per ricerche scolastiche. Nessuna sorpresa nemmeno dall’analisi della scheda sim del cellulare di Yara (il telefono non è mai stato ritrovato, la scheda sim sì) che conteneva 78 numeri memorizzati.

Poco dopo mezzogiorno è stato chiamato a deporre Ilario Scotti, l’aeromodellista di Bonate Sotto che per puro caso scoprì il corpo della ragazzina nel mezzo del campo di via Bedeschi a Chignolo d’Isola, mentre provava il suo modellino di aereo radiocomandato. Era il 26 febbraio del 2011, tre mesi esatti dopo la scomparsa della tredicenne di Brembate Sopra. Le squadre di ricerca in precedenza avevano battuto diverse zone, fra cui (nel mese di dicembre del 2010) anche quella del campo di Chignolo, senza tuttavia addentrarsi nella vegetazione. Probabilmente il corpo di Yara si trovava già lì (così emerge dalle risultanze autoptiche) ma non fu scoperto.

Solo il volo casuale e l’atterraggio «di fortuna» dell’aeroplanino di Ilario Scotti permise il ritrovamento: «Quando andai a recuperare l’aereo nel campo – ha raccontato durante la sua deposizione in Tribunale – mi sembrò di vedere un mucchio di stracci, poi capii che era un cadavere e chiamai il 113». Scotti in aula ha raccontato di aver visto arrivare, mentre aspettava le forze dell’ordine, «un uomo calvo, di 50-55 anni, al volante di un’utilitaria: ha posteggiato l’auto all’inizio della stradina», sceso dall’auto l’uomo «è salito con i piedi sui dei blocchetti di cemento e ha iniziato a guardarmi, è rimasto lì per 10-15 minuti, poi si è allontanato quando hanno iniziato a sentirsi le sirene».

Tra le persone sentite durante la mattinata del 18 settembre Fabrizio Francese, l’uomo che incrociò la ragazzina mentre usciva dalla palestra. «Ci siamo salutati, mi ha sorriso», ha raccontato l’uomo e ha aggiunto che «non può essere uscita da un ingresso laterale degli spogliatoi, l’avrei vista». L’uomo ha spiegato anche di non aver «mai visto un furgone bianco, quel giorno di sicuro no».

Dopo Francese ha parlato anche un carabiniere di Ponte San Pietro in servizio la sera della scomparsa: il militare ha illustrato i primi accertamenti sulle celle telefoniche, spiegando che «l’ultima cella telefonica agganciata dal telefonino di Yara prima di spegnersi, alle 18,55, era quella di via Ruggeri a Brembate Sopra».

La prima a parlare in aula è stata invece Keba Gambirasio, la sorella maggiore di Yara. Keba è arrivata in Tribunale poco dopo le 9, accompagnata dai genitori Maura e Fulvio Gambirasio. La deposizione di Keba è iniziata verso le 9,50, con il racconto del giorno della scomparsa: «Quella sera – ha spiegato – mia mamma uscì a cercare Yara a piedi, io rimasi a casa con il mio fratellino». Keba ha anche spiegato che la sorellina «non aveva un diario personale, solo quello di scuola». «Non ho mai visto Bossetti – ha aggiunto – e non c’era nessuno che preoccupava Yara. Se fosse successo qualcosa di preoccupante lo avrei saputo».

Anche Massimo Bossetti è arrivato poco dopo le 9, scortato dalla polizia penitenziaria. In aula c’è anche la sorella di Bossetti, Laura, al quale l’imputato ha sorriso entrando nell’aula della Corte d’Assise. Davanti al Tribunale di Bergamo la solita folla di giornalisti e curiosi.

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