Giornalismo in crisi
Il Papa ha un’idea

Pochi giornali (fra cui L’Eco di Bergamo) hanno ripreso nei giorni scorsi il discorso davvero importante fatto da Papa Francesco ai giornalisti. Può sembrare paradossale ma gran parte degli organi di informazione lo hanno invece taciuto, per quanto il Papa parlasse in modo molto amichevole e chiaro proprio a chi fa informazione. Francesco com’è suo solito non ha fatto una «predica», non ha tirato la «morale» ma ha parlato con spirito molto positivo, mettendosi sul piano di chi ogni giorno è impegnato nel lavoro sulle notizie.

In un certo senso non ha voluto fare «notizia» ma ha voluto riflettere e ragionare. E forse per questo non è stato ritenuto importante proprio in quanto «notizia». Ma il paradosso sta proprio qui: Francesco con le sue parole è entrato infatti nel vivo di quello che è un motivo di grande ansia per chiunque lavori nel mondo dell’informazione. Il numero di lettori si erodono di anno in anno, non c’è ricambio generazionale, le copie calano in modo a volte drammatico.

Insomma c’è un senso di declino, che va ben al di là della crisi complessiva che colpisce l’economia italiana. È un declino di ragioni e di senso del fare informazione in un mondo profondamente cambiato e dove ognuno si tiene aggiornato a modo suo e dove il pettegolezzo e la chiacchiera finiscono con il prevalere sulla ricerca dell’oggettività. C’è una dimensione di spaesamento e di confusione di fronte alla quale i vecchi criteri dimostrano una drammatica inadeguatezza. Ci sarebbe bisogno di una rifondazione coraggiosa, di un ripensamento che restituisca slancio e che sappia offrire a chi legge qualcosa che oggi non trova. Il Papa proprio su questi punti ha fondato il suo ragionamento. E ha detto in particolare due cose che non correggono semplicemente la rotta ma che aprono nuovi orizzonti. Ha sottolineato innanzitutto che «la relazione è il cuore di ogni comunicazione». E che «questo è tanto più vero per chi della comunicazione fa il proprio mestiere. E nessuna relazione può reggersi e durare nel tempo se poggia sulla disonestà».

La relazione in genere nella professione giornalistica è sempre stata concepita come una rete attraverso cui si raccolgono le notizie, possibilmente cercando di anticipare la concorrenza. Francesco invece rilancia il principio, in un certo senso ribaltandolo. La relazione per lui è condivisione, è costruzione di un rapporto, e questo vale principalmente nella costruzione di un rapporto con chi legge. E non si dà vera relazione se non ci si dà un fine positivo. Una volontà di andare oltre i problemi, di sostenere il percorso di chi si trova in difficoltà. Infatti Papa Francesco nel finale del suo discorso ha proposto una seconda riflessione che è la diretta conseguenza di questa. «Auspico che sempre più e dappertutto il giornalismo sia uno strumento di costruzione», ha detto (e costruzione è sottolineato con un corsivo nel testo diffuso). Che sia, ha poi proseguito, «un fattore di bene comune, un acceleratore di processi di riconciliazione; che sappia respingere la tentazione di fomentare lo scontro, con un linguaggio che soffia sul fuoco delle divisioni, e piuttosto favorisca la cultura dell’incontro».

È quasi un’idea editoriale quella che Francesco ha presentato. Qualcosa che va molto aldilà di un semplice decalogo di buone e corrette intenzioni. Per Francesco il giornalismo va ripensato come strumento di soluzione dei conflitti e come mezzo per costruire incontri. E in un mondo paralizzato dai conflitti piccoli e grandi e ostaggio di muri che spuntano ovunque, si può capire quali spazi, anche di mercato, si potrebbero aprire per un’informazione fondata su quei criteri.

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