I «baby pensionati»?
Un lontano ricordo

In Italia forse si vive male ma si vive a lungo, e tanto basta per farci lavorare di più. Così la pensa il governo, che non ha intenzione di bloccare lo scatto della pensione programmato: secondo la legge Fornero l’età pensionabile passerà infatti, nel 2019, dagli attuali 66 anni e 7 mesi a 67 anni tondi tondi. Si tratta di cinque mesi in più legati all’aspettativa di vita che, secondo i dati ufficiali dell’Istat, si è allungata di 150 giorni rispetto al 2013: 85 anni per le donne e 80 anni e sei mesi per gli uomini.

A rimorchio cambierà anche la pensione di anzianità: per andare in anticipo in pensione rispetto all’età di vecchiaia dal 2019 saranno necessari 43 anni e tre mesi di contributi per gli uomini e 42 anni e 3 mesi per le donne. Una vita, insomma.

È giusto rimanere semplicemente agganciati automaticamente, nel calcolo dell’età pensionabile, alla speranza di vita? Possibile che non si possano prendere in considerazione altre variabili, che pure esistono dato che uomini e donne non sono tutti uguali nel vivere la propria vecchiaia? Chi lavora su un ponteggio deve sottostare alle stesse leggi di chi sta dietro una scrivania?

I sindacati (che vorrebbero che l’età pensionabile non superasse i 63 anni) si sono scagliati compatti contro il meccanismo ideato dalla Fornero. La pensione andrebbe valutata anche secondo altri criteri, non solo guardando agli anni che ci restano da vivere, ma anche a quelli vissuti lavorando. Bisognerebbe insomma guardare indietro e non solo avanti, agli anni che ci restano da vivere.

Ci sono categorie di lavoratori che dopo 35 anni di attività si sentono totalmente usurati, altre che invece andrebbero avanti fino a 90 anni e oltre. Inoltre l’aspettativa di vita purtroppo non è uguale per tutti i settori lavorativi. La questione resta complessa, vi sono varie ipotesi, ma il governo ha gettato un bel secchio d’acqua gelida su tutto nonostante tutto il mondo politico e sindacale auspicasse un cambiamento: non se ne fa niente, non ci sono le coperture economiche. Insomma, si procede come se non ci fosse un domani.

Restano così sul tavolo tutti i problemi in materia pensionistica: l’età troppo avanzata soprattutto per i mestieri usuranti o semi-usuranti, le diseguaglianze tra gli anziani, che andranno con un’alta pensione a 67 anni e i giovani precari che percepiranno un assegno minimo e si ritireranno a 70 anni.

Inutile dire che il problema è innanzitutto finanziario: siamo il Paese che vanta il record europeo della spesa pensionistica rispetto al Pil (16,5 per cento) e il debito pubblico più alto del mondo dopo il Giappone e gli Stati Uniti. Purtroppo non è l’unico record. Ormai in tema di età pensionabile siamo la maglia nera d’Europa, tre anni sopra alla media europea, quattro per le donne. La Germania arriverà a 67 anni solo nel 2030. In Francia si va in pensione a 62 anni, nel regno Unito a 65 (e i rispettivi debiti pubblici non sono poi così distanti da quello italiano).

Con il nuovo scatto l’Italia diverrà capofila in Europa (la stessa età verrebbe raggiunta non prima del 2022 dagli altri concittadini europei). In Italia infatti la soglia d’età per l’accesso alla pensione è seconda solamente alla Grecia, dove il requisito anagrafico richiesto è già pari a 67 anni. Ora la supereremo. Tuttavia il requisito greco è suscettibile di numerose deroghe attualmente in vigore che possono abbattere l’età di accesso alla pensione fino a 55 anni per gli uomini e 50 anni per le donne. L’età più bassa è richiesta in Svezia, dove dai 61 anni il lavoratore può decidere di accedere alla pensione.

Ci si chiede poi se è giusto, in un momento come questo, con la disoccupazione giovanile che ci ritroviamo, lasciare in strada tanti under trenta per far lavorare di più gli anziani. Con la legge Fornero si è infatti verificato un blocco del turnover del mercato del lavoro. Non sarà il caso di disinnescare in qualche modo questo meccanismo perverso? Ma il problema, come è detto, è sostanzialmente finanziario, come ci fanno notare i tecnocrati di Bruxelles. Finiremo per morire lavorando. E pensare che siamo il Paese che aveva inventato i baby-pensionati.

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