Il Grillo parlante
zittito a casa sua

La canzone, liberatoria e irriguardosa, tanti la conoscono. Il demenzial ritornello fa così: «Per fortuna che arriva Shpalman, che spalma la m… in faccia». Insomma il grande Elio e le Storie tese. Perché sì, una giustizia quasi-divina dell’insulto alla fine esiste. Hai passato la vita (almeno quella politica) a gridare «Vaffa…» a tutto e tutti? Hai messo a ferro e fuoco l’Italia che non funziona, dove sono tutti ladri o almeno lazzaroni, fino a diventare uno dei capipopolo più influenti e temuti?

E allora ecco, alla fine ci sono i ragazzi della tua città, i volontari, il popolo vero della tua Genova che stavolta le cantano a te: «Vuoi una pala? Vieni a spalare». E anche, mostrando cognizione di causa: «Per avere qualche foto devi starnazzare, vieni qui a spalare invece di gridare». Così gli hanno detto, gli Angeli del fango della sua Genova. Così hanno detto a Beppe Grillo, l’uomo che di solito «spalma la m… in faccia» a tutti gli altri politici. Stavolta è toccato a lui. Genova la città ferita, ma che forse più che altro non ne può più di essere trattata com’è trattata, poteva essere l’ennesimo palcoscenico ideale per Beppe Grillo, che notoriamente genovese è. Invece è venuto, e nella città in cui tutti sono abituati a rimboccarsi le braghe fin sopra il ginocchio negli stivaloni, e il fango più che gettarlo in faccia agli altri sono abituati a spalarlo, il Re degli Urlatori ha dovuto incassare una civile, ma ferma contestazione. Uomo di palcoscenico, ha tenuto botta: «Mi sono preso i miei fischi, me li tengo, vi ringrazio che mi avete anche detto «spala!». Se vi rappresento la politica e dovete sfogarvi, bene, sfogatevi su di me: io uscirò di nuovo. Sono pronto a prendermi tutti gli sfoghi perché avete tutte le ragioni del mondo». Ha più l’aria di un salvataggio in corner che di una marcia trionfale, di quelle che esaltavano le piazze solo un paio d’anni fa.

Ma una logica c’è sempre, nelle cose. Certo non le alluvioni causate dall’inefficienza della politica. Ma nella politica sì, nelle reazioni della gente esasperata sì. E infatti non è capitato solo ieri, nella sua Genova, che l’ex comico divenuto capopopolo si sia ritrovato particolarmente nervoso, a pretendere che i fotografi rimangano lontani. Nello scorso weekend, nella tre giorni organizzata dal Movimento Cinque Stelle al Circo Massimo di Roma, dopo aver insultato tutto e tutti, Beppe Grillo ha tenuto il suo solito comizio-show. Ma il pienone non c’è stato, e lo slogan «chiudiamo il Parlamento» ha decisamente meno appeal, meno goliardia, meno spirito vincente di quel «lo apriremo come una scatola di tonno» che Grillo urlava una volta. E giù in basso, tra i gazebo, le discussioni tra le diverse anime grilline, gli intransigenti e quelli che vorrebbero iniziare a fare qualcosa di serio in politica, e tra i cittadini rappresentanti» e i «cittadini militanti» non sono mancate.

Tema: ma che stiamo qui a fare? Lo smalto s’è perso. Da quando hanno «non vinto» le elezioni politiche, Grillo e i suoi hanno infilato solo sbagli e figuracce. Non hanno eletto il «loro» presidente, non hanno fatto la rivoluzione né le riforme. Hanno litigato tra loro, si sono cacciati fuori dal Movimento a vicenda. E intanto l’Italia andava a rotoli come prima. La politica se ne sta lì come prima, l’Europa se ne sta lì come prima. Anzi, è anche arrivato al governo un tipetto che ha la lingua altrettanto lunga. E adesso, guarda un po’, la gente sembra fidarsi più di lui che delle minacciose promesse del Grillo Parlante. E allora, prendi la pala e mettiti a spalare. Di gente che butta solo fango in giro, qui a Genova, e forse non solo qui, ne abbiamo piene le tasche.

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