Il Pil è in salita
Diamo fiducia all’Italia

Eppur si muove, a prescindere. La revisione al rialzo da parte dell’Istat dei dati di crescita in Italia nel primo trimestre fa apparire come eccessivamente prudenti le previsioni di crescita nel nostro Paese fatte dal governo. Infatti, con una crescita acquisita su scala annua dello 0,9, l’1,1% di crescita previsto dal quadro macro governativo per il 2017 appare davvero modesto. Anche perché, andando a guardare nei dettagli i dati forniti dall’Istat, a muoversi è stata soprattutto la domanda interna, motore dell’economia.

Dicevamo che il dato è positivo a prescindere, malgrado cioè un quadro generale che è tutto fuorché roseo. Cresciamo benché la nostra industria non faccia nulla o quasi per essere più competitiva e investire, malgrado la politica appaia ogni giorno più ripiegata su sé stessa (senza esclusione di partiti o movimenti) e meno impegnata a mettere in campo misure per favorire la ripresa economica, benché il sistema informativo faccia di tutto per alimentare un clima di scontro e di polarizzazione che è l’esatto contrario del clima di fiducia nel quale crescita e consumi possono alimentarsi.

Ed è proprio il quadro generale che ha aumentato la sorpresa suscitata dal positivo annuncio dell’Istat. È un quadro che da un punto di vista economico è condizionato da un rallentamento in Borsa legato alle incertezze politiche e da un rialzarsi dello spread che evidenzia le difficoltà del nostro Paese all’interno della Ue, mentre da un punto di vista politico la situazione è caratterizzata dalla bagarre del clima elettorale sempre più acceso.

Andando a leggere i numeri nei dettagli, come dicevamo, si evidenziano due fattori contrastanti: il primo induce alla cautela, il secondo invece rafforza la positività del dato e crea tutto sommato una tendenza positiva prevalente. Il fattore che induce alla cautela è che sulla revisione verso l’alto hanno inciso in modo determinante le scorte, cioè l’accumularsi nei magazzini delle aziende di surplus di materie prime e di semilavorati (la composizione cambia in ragione del settore operativo dell’impresa) per far fronte alla domanda futura prevista positiva. Le aziende accumulano e spendono per una produzione che ancora non è avvenuta, soprattutto per ripristinare una situazione dei magazzini che veniva da una forte contrazione legata alla crisi. E questo è il motivo che fa essere alcuni analisti prudenti.

Ma il secondo fattore rafforza quella che è solo una promessa nel primo. Ad avere inciso positivamente sul Pil sono stati i consumi delle famiglie, un elemento positivo al punto da aver trainato le importazioni a livelli più alti delle esportazioni, pure in fase positiva. Cioè, malgrado tutti i segnali negativi sul clima di fiducia che prima indicavamo, le famiglie italiane comprano. Cosicché anche l’altro dato di giornata, l’indice basato sui dati forniti dai direttori degli acquisti del settore manifatturiero, pur evidenziando una contrazione sui mesi precedenti a fronte di una ripresa occupazionale, si mantiene in territorio di espansione, contribuendo a rafforzare il quadro generale.

Va tutto bene, dunque? Siamo usciti dalla crisi? Le cautele impongono di non cedere in maniera acritica all’ottimismo. Il quadro strutturale del nostro Paese evidenzia che il cammino delle riforme è ancora lungo e gli investimenti latitano. Proprio due giorni fa le considerazioni finali all’assemblea della Banca d’Italia del governatore Ignazio Visco hanno sottolineato come la riduzione dell’alto livello di debito rimanga un obbiettivo primario. È un peso che rallenta ogni volano di ripresa e solo liberandoci di questo masso potremo godere appieno di notizie positive come quelle arrivate ieri.

© RIPRODUZIONE RISERVATA