Investire sul gioco
L’azzardo della Bce

«Draghi sceglie di inserire Novomatic tra le società non bancarie degne di rientrare tra le più sicure». Sono le parole di un comunicato che si può leggere sul sito della multinazionale delle videolottery e delle slot machine. Nel comunicato si spiegava che «la Bce ha dato il via alla “fase 3” del Quantitative Easing della Bce con l’ampliamento del piano di acquisti alle obbligazioni, come detto, di società non bancarie». Titolo del comunicato: «La Bce scommette su Novomatic». L’uso del verbo scommettere suona oggettivamente un po’ ironico se si pensa alla situazione. La Banca centrale europea decide infatti di investire nelle obbligazioni di una delle più importanti multinazionali, in Italia concessionaria di Stato, che costruisce le sue fortune proprio sull’azzardo delle scommesse.

La notizia di portata oggettivamente clamorosa è rimasta nell’ombra sino a quando una ong inglese, Corporate europe observatory, non l’ha rivelata in un suo Rapporto. In Italia è stato un attento giornalista, Marco Dotti, a rendere pubblica la cosa con un articolo pubblicato sul sito vita.it. È proprio un passaggio dell’articolo di Marco Dotti a spiegare la gravità e la portata di questa decisione della Bce. «Proprio per la sua potenza finanziaria e tecnologica e il suo asimmetrico vantaggio competitivo sulle tecnologie», scrive Dotti, «Novomatic, che è concessionario di Stato, è un player molto ingombrante nel gioco delle parti sulla “riforma” del retail dell’azzardo su cui il governo sta preparando un decreto, atteso per il 30 ottobre prossimo. Tutto si lega, ma in che modo è difficile dirlo». Quale logica muove questa scelta della Bce?

Si resta un po’ basiti dall’apprendere di una simile decisione da parte della più importante istituzione finanziaria europea, che è - va ricordato - un’istituzione pubblica. La Bce è infatti un istituto di diritto pubblico, così come lo sono le banche centrali nazionali. Il carattere pubblico è assicurato dai loro Statuti. Tanto è vero che i profitti che vengono fatti dagli istituti centrali vanno in gran parte al bilancio statale, come impongono le leggi dei vari Paesi europei, Italia inclusa.

Un’istituzione di questo profilo dovrebbe tenere ben in conto delle conseguenze sociali dei propri investimenti. Ora, è difficile non vedere il peso che la crescita indiscriminata dell’azzardo legale sta provocando nel nostro Paese: 95 miliardi spesi nel 2016, con una percentuale molto alta di soldi messi nelle macchinette. Un’industria cresciuta lo scorso anno del 7% (più del Pil della Cina, aveva titolato con una punta di ironia La Stampa). Un’industria che crea profitti a spese dell’impoverimento collettivo. Un’industria che sottrae ricchezza al Paese, perché le ricchezze individuali bruciate nelle macchinette vengono sottratte ai consumi e quindi, se si vuole, al benessere concreto delle persone.

Ora, che una banca come la Bce non colga queste dinamiche e nel decidere i propri investimenti non tenga conto delle ricadute che questi hanno è cosa che non può non preoccupare. Spesso si pensa che queste siano scelte di carattere tecnico quando invece hanno una portata che è anche politica, perché sono scelte che incidono sulla vita dei cittadini. Per questo viene il sospetto che dietro fatti come questo ci sia l’azione delle lobby dei grandi player del gioco. Che si muovono a tutto campo e non si fermano certo davanti a sconfitte come quella della recente decisione del governo italiano che dal 31 dicembre prossimo limiterà il numero di nulla osta per le slot machine che non potrà essere superiore a 345 mila. E dal 30 aprile 2018, un’ulteriore riduzione le porterà a 265 mila unità. Quella contro l’invasione distruttiva delle slot è una battaglia che non permette distrazioni...

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