La cultura del noi
e la vera scuola

Ci sono i politici di lungo corso. Ma non godono di buona congiuntura. Poi ci sono però anche gli insegnanti di lungo corso. E per loro il discorso è schizofrenico. Individualmente possono essere apprezzati da genitori e allievi ma in quanto a categoria professionale vale il discorso dei politici. Con una sostanziale differenza: gli onorevoli , se vogliono, il conto in banca lo possono arrotondare con un buon stipendio e i vitalizi, i professori in banca, sì,ci vanno ma per far il mutuo.

Pier Carlo Padoan, docente di Economia in varie università in giro per il mondo, guida il ministero italiano dell’Economia e delle Finanze dal febbraio 2014 e ha fatto sapere che non intende proseguire l’esperienza nella prossima legislatura. Non ha i problemi di un insegnante di scuola media visto che all’Ocse, dov’era vicesegretario generale, la retribuzione si aggirava sui 216 mila euro. Da ministro ci ha perso perché a Roma c’è stato un taglio e i ministri adesso guadagnano molto meno.

Questo ha tuttavia un valore relativo perché l’ego dei politici è a volte più forte dello stipendio. Basti guardare a quello che succede a sinistra del Partito democratico per averne un sentore. Ma non è il caso di Padoan. Fare il ministro dell’Economia in Italia è snervante. E il motivo è uno e uno solo: ci sono troppi debiti. Wolfgang Schäuble è rimasto in carica al ministero delle Finanze tedesco per otto anni. E nonostante la difficoltà di muoversi in carrozzella e le sue precarie condizioni di salute, ha tenuto magnificamente. Adesso lascia il posto solo perché i liberali, nuovi alleati della Cdu, hanno chiesto la sua sedia e lui si prepara a salire sul podio da presidente del Bundestag. Ma l’economia in Germania tira e la sua cura ha funzionato: il bilancio tedesco è da tre anni in attivo. Mentre Padoan ha passato il suo tempo a far la spola fra Buxelles e Roma a convincere i commissari europei e i colleghi degli altri Paesi che il deficit di bilancio non è una tragedia se lo si aumenta dello zero virgola. Una fatica di Sisifo perché al primo stormir di fronde di una possibile ricaduta dei conti ecco che si ricomincia di nuovo da capo. Il tutto perché bisogna convincere i partner dell’eurozona che l’Italia è credibile. Ma nessuno ci crede e quindi conta la faccia di chi lo chiede. Padoan ci ha messo la sua ed è riuscito a trasporre il credito di cui gode personalmente ad un Paese che in verità non lo merita. Da noi vige la regola che i soldi dello Stato non hanno padrone e quindi sono di tutti e di nessuno. Basta guardare i dati della evasione fiscale, sui 100 miliardi annui, per capire che in Italia pagare le imposte non è considerato un dovere civico. Fatale quindi che a partire dagli anni ottanta il debito sia cresciuto in modo esponenziale.

I politici di lungo corso del tempo, da Andreotti a Craxi si sono dilettati all’idea che spendere portava voti e quindi potere. Da qui il detto che il potere logora chi non ce l’ha. Ecco, con Padoan abbiamo l’inversione di una tendenza . Ed è un buon segno. Vuol dire che il controllo dei conti si sta affermando. Ed il motivo è uno solo: l’essere parte di una comunità di Stati comporta dei codici di comportamento, ai quali anche Paesi indisciplinati come il nostro, devono adeguarsi. Piangere sul latte versato non basta se non si dà seguito ad una seria educazione che parta dalla scuola. Insegnare che i soldi sono di tutti e quindi anche nostri vuol dire indicare speranza ai giovani. Se prevale la cultura del «Noi» prevale il bene collettivo. A scuola si deve insegnare che il vivere civile è fatto di piccole cose: la carta che non si butta per terra, i muri che non si imbrattano, l’immondizia che va differenziata e soprattutto riciclata e non lasciata alla mafia dei rifiuti. Questa è la vera scuola. Il sapere è importante ma senza un’etica civica diventa anonimo. Fare il politico è una missione del momento, insegnare il vivere civile è la missione di una vita.

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