Colantuono, il mister ha 50 anni
«A 60 sarò ancora a Bergamo»

L'occhiale riposa-vista (dice lui...), praticamente invisibile se non fosse per le comunque sottilissime asticelle di metallo, comunque non lo salva. Stefano Colantuono guarda i ravioli della «Teresina» (Fornovo, nella bassa) con l'occhio assatanato di sempre.

L'occhiale riposa-vista (dice lui...), praticamente invisibile se non fosse per le comunque sottilissime asticelle di metallo, comunque non lo salva. Stefano Colantuono guarda i ravioli della «Teresina» (Fornovo, nella bassa) con l'occhio assatanato di sempre.

Lo stesso che aveva a cinque anni ; lo stesso di ogni domenica, quando in panchina va in trance agonistica. E durante la cena per i suoi 50 anni (martedì prossimo, 23 ottobre: auguri in anticipo) quei ravioli di carne affogati nel burro li ha onorati come il suo miglior campionato: 52 punti partendo da -6.

Poi - a cena conclusa - dopo fragolino, caffè e ammazzacaffè (il resto del menu è top secret...) il racconto dei suoi primi cinquant'anni si è fatto curioso, aneddotico, certamente inedito. L'Eco di Bergamo in edicola venerdì 19 ottobre lo propone diviso per decenni, per ciascuno gli è stato chiesto di indicare il libro, la canzone e la donna che l'hanno segnato.

A fine intervista Colantuono ha espresso la speranza di essere ancora a Bergamo tra 10 anni, quando compierà i 60.

Ecco il primo decennio
«Sono nato il 23 ottobre 1962 a Roma, via Tuscolana, verso il centro, zona Cinecittà. Sono il primogenito di Giuseppina ed Ennio Colantuono, di professione fornaio. Ed è proprio per il lavoro di papà che quattro anni dopo la famiglia si trasferisce ad Anzio, 40 km a sud della capitale, sul mare. Lì nasce Cristina, mia sorella, e io cresco "grottarolo", dal nome del mio quartiere, le "grotte di Nerone". Perché Anzio ha dato i natali a due imperatori, Nerone e Caligola. Entrambi focosi, mi sa che è l'aria della città».

«Cresco sereno, come tutti i bambini degli anni Sessanta, l'acqua è il mio elemento naturale, ci sto ore e ore ogni giorno. D'inverno calcio e basta, ma per 8 mesi calcio in acqua, così scopro nuoto e pallanuoto. È faticosa la pallanuoto, ma tiene banco, col baseball portato dagli americani a fine guerra». Il libro: I ragazzi della via Paal (Ferenc Molnàr). La canzone: Il torero Camomillo (Zecchino d'Oro). La donna: Giuseppina, la mamma, e Cristina, la sorella.

Leggi gli altri decenni su L'Eco di venerdì 19 ottobre

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