«Io non ho paura, siamo qui con Mario»
L'omelia  di don Luciano Manenti

«Davvero Mario è nei nostri cuori, ora ci dobbiamo aiutare anche se non ci conosciamo tutti, siamo obbligati ad accoglierci gli uni con gli altri. Io non ho paura, siamo qui non solo per Mario, ma siamo qui con Mario». Inizia così l'omelia di don Luciano Manenti, padre spirituale di Piermario Morosini.

«Davvero Mario è nei nostri cuori, ora ci dobbiamo aiutare anche se non ci conosciamo tutti, siamo obbligati ad accoglierci gli uni con gli altri. Io non ho paura, siamo qui non solo per Mario, ma siamo qui con Mario. Questa è stata la cosa bella di questi giorni, chiamati da Mario e per mezzo di Mario siamo stati un "noi". Poi don Luciano, particolarmente commosso, si è rivolto a Morosini nella sua omelia. «Dolce amico mio, timido compagno mio, ripartiamo da te e dalla tua bellissima vita in mezzo a noi - le parole di don Manenti -, per la quale siamo qui a dirti grazie e per la quale siamo qui a dire grazie. Saresti tu il primo a dirci che questo grazie va girato alla gente che ti ha cresciuto, alla tua mamma, al tuo papà, a Franci e a Maria Carla, senza di loro tu non saresti tu e noi oggi non saremmo noi. Tu non sei venuto dal niente, tu non sei un prodigio strano, che non si possa cogliere o capire e che non si possa ancora riprodurre nella nostra storia e nella storia dell'umanità, tu sei venuto dalla terra e noi siamo uomini di terra. Sei venuto da una terra semplice dove la santità non è l'eccezionale, ma è il normale, perchè la fede è una roba da uomini normali».

«La fede di questa terra è la fede dei nostri ragazzi, di questi ragazzi, di questa gente silenziosa perchè gli è sembrato che il silenzio era un volume già troppo alto per dire ti amo. È la fede della tua famiglia, della tua Anna, del tuo oratorio, la tua fede - ha continuato don Luciano -. E tra di noi siamo cambiati, ma soprattutto dentro di noi siamo cambiati, io mi sento più amato da Dio, è vero in questi giorni ho combattuto, ma solo con la paura, la solita, unica vera grande paura di non essere all'altezza, quella di dovere essere ancora io a governare la mia vita, come se dipendesse ancora tutto da me e vedendo la mia fragilità questo mi spingeva in un abisso. Ho cambattutto, ma Dio è stato qui per me. Non mi ha chiesto di essere niente, di credere o di non credere, di ammettere o di non ammettere, niente, è stato qui per me e per noi e questo adesso, dolce amico mio, mi permette di chiamarti figlio. Me lo hanno chiesto in molti in questi giorni dov'è Dio, l'ho già detto e vi dico parole che non sono mie ma di uno che ha scosso il mondo intero e che quando un giorno gli ho chiesto "Mario, ma tu di fronte alla tua vita?". Io ho più grazie da dire che recriminazioni da farè", la risposta. Don Luciano continua la sua omelia nel silenzio assoluto e nella commozione generale. Ho capito in questi giorni che Dio è la creautura più disarmata dell'universo, perchè solo in questo modo ci permette la vita, perchè solo in questo modo dice che la vita è santa, è bella ed è per questo motivo che Mario in questi giorni è stato la sua immagine più bella. Creature disarmate che vuol dire creatuire in pace, capaci di pace e di pacificare, in questi giorni ci siamo pacificati in tanti e anche dove con qualcuno abbiamo avuto tensioni e fatiche, beh quello era solo un cammino di pace perchè prima c'era solo l'indifferenza. Abbiamo dovuto essere disarmati per farlo, poveri, fragili, fragili come lui».

Don Luciano spiega di aver pensato, in questi giorni «a un albero, l'albero dell'ulivo, ho pensato a Mario, a quest'albero robusto e solido come lui, un albero che dà un frutto che va spremuto e che una volta spremuto diventa una fragranza che dà sapore a tutto, questo è l'albero di Gesù che ha portato anno dopo anno e secolo dopo secolo tutta la sapienza, la bellezza e la forza che c'è nella vita e distillarla nella vita di Mario e in tutti noi, l'albero del Getsemani dei tanti Getsemani di Mario, della resurrezione di Cristo e che c'è qui ora in noi, della resurrezione che è avvenuta in questi giorni. Bisogna essere disarmati per coglierla, bisogna lasciarsi amare per cogliere la Pasqua di questi giorni, bisogna non fare niente e avere anche il coraggio di farsi amare da quel Signore anche lui provato che però è stato presente, ci ha attraversato con lo spirito che potete leggere e sentire qui adesso, in questo silenzio. È quello che ci separa dalla disperazione, dal niente, dal vuoto e noi invece abbiamo tutto, certo abbiamo anche la fatica, ma non più di quella che ha avuto lui. Noi avremo d'ora in poi la Pasqua e non ci sarà la pasqua nella vita di nessuno di noi se non passiamo dall'accettare la bellezza della nostra fragilità».

Poi la conclusione di don Luciano e ancora il suo grazie a Piermario Morosini. «Quando uno diventa papà non sa come fare, le mamme sono più brave, i papà hanno paura a prendere tra le mani questa cosa piccola che temono possa cadere, ma si impara e si scopre ogni giorno la bellezza di imparare. Io ti ringrazio perchè in questi giorni mi hai insegnato a essere papà e ho capito che cosa vuol dire che Dio è nostro papà».

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