Diavolo d’un portone
Celadina e l’arco misterioso

Una foto di Storylab ci mostra un’immagine insolita del quartiere Celadina, quando ancora si stava sviluppando. L’arco di pietra conosciuto come «Portone del Diavolo» c’era già.

I primi condomini sullo sfondo, le scuole elementari provvisorie – sono le casette che vedete in secondo piano – e in primo piano lui: il Portone del Diavolo, simbolo del quartiere, enigmatico arco di pietra squadrate che si trova all’inizio di via Celadina. Su Storylab si trovano diverse foto del portone nei decenni passati e a colpire ad attirare subito l’attenzione sono i campi dietro l’arco: questo quartiere periferico di Bergamo, infatti, iniziò a svilupparsi negli anni ’50 e gli scatti d’epoca mostrano i suoi spazi ancora liberi dalle costruzioni.

Ed è proprio al passato agricolo di Celadina che si lega la storia del Portone. L’arco, infatti, fino a sessant’anni fa stava a guardia di proprio di un grande terreno agricolo e a cosa serviva lo spiegò la contessa Passi, abitante nella villa dei Tasso, intervistata dall’Eco nel 1954: «Eravamo nel Cinquecento e Giovanni Galeazzo Tasso tornava dal suo viaggio di nozze, quando arrivò trovò quell’arco costruito in poco tempo, in suo onore».

Fu Gian Giacomo Tasso nel 1550 ad affidare a tale Sandro da Sanga (cioè da Zanica) la costruzione di un adeguato accesso alla tenuta: un ingresso in marmo bianco di Zandobbio che nel tempo è riuscito ad offuscare, quanto meno nella conoscenza popolare, la ben più lussuosa villa. L’arco e la strada campestre che arrivava al palazzo vengono spiegati da una epigrafe: «Sandro Fator a fato questa strada e fato costrur questa porta».

A contribuire all’impresa il mistero che gli è valso il nome tanto originale: pare che la porta venne costruita in una sola notte tanto che i passanti, trovandosela davanti agli occhi da un giorno all’altro e per giunta in mezzo alla campagna, la giudicarono un’opera diabolica. In realtà venne realizzata direttamente in cava per poi essere montata rapidamente sul posto.

Ecco il confronto fra ieri e oggi con lo scatto del nostro Beppe Bedolis.

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