Da cuore sofferente a battito di generosità
«Ora porto allegria nelle case di riposo»

Reno Morazzini, presidente di «Cuore Batticuore» racconta il suo entusiasmo per la vita dopo il ricovero.

C’è un grande fermento nella sede dell’Associazione Cuore e Batticuore Onlus, nelle stanze al piano terra di un’ala dell’Istituto ortopedico Matteo Rota di via Garibaldi a Bergamo. Molto lavoro ma anche chiacchiere, risate, gente che va e che viene. Quando qualcuno ti incrocia nel corridoio ti guarda negli occhi e sorride. «Lo vede quel signore? Ha dieci stent – spiega il presidente Reno Morazzini, guidandoci verso il suo studio –. Ma è in gamba eh? Sulla pista da sci lascia indietro tutti». Colpisce subito la corrente di energia positiva che circola da una stanza all’altra. È proprio l’opposto dell’immagine che di solito si associa ai malati di cuore. I volontari dell’associazione, però, possono contare su un carburante speciale: «Donarsi agli altri ripaga, non certo in termini economici, ma in bellezza morale, in affetto, in amicizia» spiega Reno Morazzini, settant’anni portati benissimo, che dall’anno scorso è l’anima di questo gruppo. Anche per lui, come per tutti quelli che si incontrano qui, l’impegno nasce da un’esperienza personale, nel suo caso particolarmente sofferta.

Qualche anno dopo, nel 2012, Reno si è sottoposto a un controllo di routine dal suo medico di base: «Ero appena tornato da una vacanza sulle Dolomiti con gli amici. Mi sentivo benissimo, salivo i gradini quattro per volta. Non volevo neanche farmi visitare, ero passato dallo studio solo per una ricetta. Il dottore però ha insistito, e ha fatto bene. Quando mi ha appoggiato lo stetoscopio sul torace si è incupito. Mi ha detto di non spaventarmi, ma sentiva un forte soffio, bisognava subito approfondire». Così Reno si è sottoposto a ecocardiogramma ed elettrocardiogramma: «Il cardiologo faceva strane smorfie e dondolava la testa, e io ho pensato subito: qui c’è qualcosa di grave. Alla fine mi ha detto che avevo un difetto serio alla valvola mitrale ed era necessario intervenire al più presto. Mi sono spaventato e sono andato subito a consultare un cardiochirurgo che conoscevo, Paolo Ferrazzi. Mi ha consigliato di procedere all’operazione entro un anno. È stato un bello choc per me, sapevo che si trattava di un intervento impegnativo. Ho parlato con la mia famiglia. Abbiamo valutato insieme le diverse opzioni, ma avevo la massima fiducia nell’équipe di cardiochirurgia dell’ospedale di Bergamo».

Reno ha lavorato per quarant’anni in un’azienda metalmeccanica di Zingonia, ha una figlia, Laura, che ora vive con la sua famiglia in provincia di Reggio Emilia, e due nipotini Filippo, di 3 anni, e Beatrice, di 2, dei quali è fierissimo: «Sono due spettacoli della natura». Guardando indietro gli sembra quasi impossibile che dal dolore, dalla malattia, sia nata così tanta bellezza, e pensa al futuro con fiducia: «Spero di assomigliare a mio papà che ha 96 anni, vive in compagnia di una signora, suona il mandolino, gioca a boccette, nella Settimana enigmistica va a cercare solo gli esercizi più difficili, cucina sughi di pomodoro che “parlano” e senza che nessuno glielo dica ha adottato uno stile di vita molto sobrio. È lui il mio modello».

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