Proposta: un centesimo a sigaretta
da devolvere nella lotta ai tumori

Farmaci innovativi, che stanno dando importantissimi risultati nella cura dei tumori; altri, come quelli contro l’epatite C, che segnano una svolta nelle cure per una patologia che fino a qualche anno fa sembrava condannare alla morte e che ora, con preparati di ultima generazione, sparisce.

Farmaci che costano parecchio, e che stanno mettendo in discussione l’equilibrio, già precario, in questi ultimi anni di spending review, dei bilanci delle strutture ospedaliere. Un equilibrio così precario che, dicono gli esperti, a breve si porrà anche un problema etico, semplificabile in un interrogativo devastante, se visto della parte dei cittadini: con risorse risicate e non amplificabili su quali cure (e quindi pazienti) investire?

Per comprendere di quale portata si annunci il dilemma, bastano alcune cifre: a Bergamo, l’ospedale Papa Giovanni XXIII nel 2015 ha speso per tutta la farmacia ospedaliera oltre 101 milioni di euro, dei quali 11 sono per la spesa interna (ovvero per i ricoverati), gli altri 90 milioni sono per la farmacia esterna, ovvero per quei farmaci rimborsabili dal servizio sanitario nazionale ma non erogabili al di fuori da una struttura ospedaliera. Di questi, 35,5 milioni sono stati spesi per i farmaci contro l’epatite C, per curare 600 pazienti, 21 milioni invece sono stati spesi per la farmacia oncologica, in particolare per i «farmaci ad alto costo», che stanno rivoluzionando le terapie.

Problema comune in tutta Italia: per lottare con armi sofisticate contro il tumore, servono sempre più fondi. Ed ecco quindi la proposta dell’Associazione italiana oncologi medici (Aiom): destinare un centesimo a sigaretta dalle accise sulla vendita dei pacchetti per creare un tesoretto con cui curare i malati di tumore.

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