Lega prima, sorpasso Pd
Terremoto in arrivo

Se stiamo alle proiezioni degli istituti demoscopici, le elezioni europee in Italia provocheranno a brevissimo il terremoto politico che molti avevano già pronosticato. Il primo dato è che nella maggioranza di governo si è verificato un clamoroso rovesciamento dei rapporti di forza che mai nella storia della Repubblica avevamo visto. La Lega, che l’anno scorso alle politiche aveva raccolto un decoroso 17 per cento, diventa il primo partito italiano (mai successo che il junior partner del governo diventasse partito di maggioranza relativa: chissà Craxi cosa sta rimuginando nell’Aldilà) e potrebbe superare la quota del 30%.

Un grande successo per Matteo Salvini. Viceversa il Movimento 5 Stelle che l’anno scorso aveva avuto un risultato clamoroso superando il 30% e diventando il partito con maggiore consenso nel Paese, oggi potrebbe perdere fino a 12 punti, e più o meno a questa distanza si collocherebbe rispetto alla Lega. Insomma, chi aveva la metà raddoppia; chi aveva il doppio si dimezza o quasi.

Non solo: con la tendenza delineata dalle proiezioni, il M5S diventerebbe addirittura il terzo partito perché – ecco l’altro elemento importante – il Pd sotto la guida di Nicola Zingaretti sembra aver invertito la decadenza che l’aveva fatto precipitare al 18% e potrebbe diventare il secondo partito. Si vedrà se i contemporanei calo grillino e ripresa piddina siano dovuti al ritorno a casa di voti di sinistra che, per odio verso Renzi, avevano scelto i grillini, da cui evidentemente hanno ricevuto una cocente delusione. Di Maio ha provato nell’ultimo mese di rafforzare la narrazione «progressista» del M5S ma evidentemente non è bastato.

Quanto a Forza Italia, Berlusconi sembra aver fermato il crollo: il partito cala ma resta a due cifre, intorno al 10%, e si conferma indispensabile qualora si andasse a formare una coalizione di centrodestra a trazione leghista e con l’apporto di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni che sembra aver superato il 5%. Da notare che una tale coalizione sta vincendo le elezioni nella regione Piemonte inanellando l’ennesimo successo nelle autonomie locali dove si è sempre imposta sia sul centrosinistra sia sui pentastellati.

Cosa succederà ora? Difficile rispondere. Salvini dichiara che «non cambia nulla» e che non chiederà «mezza poltrona in più», però poi elenca una lunga lista delle richieste sul programma. Può dunque decidere di lasciare il governo in piedi rinegoziando da posizioni di forza e di leadership rimettendo in carreggiata sia la costruzione della Tav sia l’autonomia rafforzata nelle regioni del Nord. Viceversa può far saltare il banco – magari proprio sulla base di richieste non esaudite sul programma - provando a capitalizzare il successo con nuove elezioni politiche subito, addirittura in estate. Dall’altra parte del fronte, Di Maio dovrà giocare in difesa: trattare con Salvini (con cui non si parla di persona da settimane) e difendersi da chi, all’interno del Movimento, da tempo contesta la linea del contratto con la Lega, considerata semplicemente suicida. Su questa sponda si colloca sicuramente il fratello-competitore di Di Maio, Di Battista, che potrebbe tornare in campo. Di Maio per difendersi potrebbe lavorare ad un fronte unico con il Pd in funzione «anti-destra» salviniana come da tempo chiedono gli intellettuali di sinistra. Sarebbe un clamoroso giro di valzer e non è ancora chiaro se il Pd sarebbe disponibile a ballare.

Molto dipenderà infine dal Capo dello Stato: tra poco si tratterà di mettere mano alla legge di Bilancio e la Commissione sarà inflessibile con i nostri conti pubblici, soprattutto perché i sovranisti hanno sì vinto in diversi Paesi tra cui l’Italia, ma le carte a Bruxelles continueranno a darle i popolari e i malconci socialisti. Mattarella non permetterà passi azzardati.

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