Valcanale, «nessun pericolo
sulle vecchie pista da sci»

La società proprietaria dei terreni dove si sciava fino al 1997 racconta la sua verità sulle vicende che la contrappongono all’amministrazione comunale. Un’ordinanza ha intimato alla srl lavori per 3 milioni e mezzo

«Non occorre riportare lassù mezzi meccanici che intraprendano difficili e costose (circa 3,5 milioni di euro) “lavorazioni”, queste sì potenzialmente dannose per l’ambiente così com’è ora». Lo scrive in una lunga nota con cui si ripercorre una vicenda ormai ventennale, la «Valcanale srl», la società (ora in liquidazione) proprietaria dei terreni dove, nei pascoli alti dell’omonima frazione, si sciava fino al 1997. Le «difficili e costose “lavorazioni”» cui fa riferimento la società sono quelle che un’ordinanza sindacale del Comune di Ardesio (approvata lo scorso 12 dicembre) impone di realizzare in un anno di tempo per mettere in sicurezza «i dissesti fonte di pericolo per la pubblica incolumità e sicurezza». Ma la società «Valcanale» non ci sta e ne approfitta per ripercorrere l’intera vicenda, «un appuntamento mancato - scrive - con lo sviluppo turistico in alta Valle Seriana»

«Fu nella seconda metà degli anni ’90 - si legge nel documento - che la società di gestione degl’impianti di risalita montana e del connesso albergo cessò l’esercizio della sua attività, causa le ripetute perdite economiche. La struttura dell’albergo rimase da allora vuota e incustodita, e negli anni che seguirono fu depredata di ogni arredo. Oggi è un rudere che resiste ancora nel tempo con il suo aspetto ormai gravemente deturpato. Quanto agl’impianti di risalita, sono stati rimossi dalla società proprietaria negli ultimi anni. Tutt’intorno, la montagna, ora il solo bene da tutelare dopo l’intervento dell’uomo che vi realizzò le piste da sci, nella prospettiva di uno sviluppo turistico della zona. Il Comune di Ardesio rilasciò infatti alla società Valcanale, dopo averle venduto la porzione di territorio necessaria, le concessioni e le autorizzazioni occorrenti all’esercizio dell’attività di risalita e dell’albergo, pur non condividendo, e quindi non autorizzandoli, i progetti della società privata che avrebbe voluto espandere il suo investimento con realizzazioni abitative, nell’ottica di insediare a Valcanale di Ardesio una fiorente stazione sciistica sul modello di altre già allora esistenti nel Nord Italia. Andò così, giusto o sbagliato che sia».

Dopo la chiusura degl’impianti e la dismissione dell’albergo, sollevata anche dal Cai la questione del ripristino ambientale, «è stato a partire dal 2010 - si legge ancora nel documento - che l’Amministrazione Comunale di Ardesio e la società Valcanale hanno gestito, sino a un certo punto di comune accordo, opere di risanamento ambientale via via ritenute necessarie, avvalendosi ciascuna di tecnici esperti in materia. Nel 2012 fu sollevata dal Comune la questione della ritenuta presenza, sotto il piazzale sassoso adiacente l’albergo, di scarti di moquette, e inizialmente la cosa fu ingigantita. Si scrisse e si dichiarò in certa stampa locale che vi fosse addirittura una “discarica interrata con 2500 metri cubi di materiale inquinante”, e fu quella, alla prova dei fatti, invece, una grossolana esagerazione: l’inchiesta condotta con l’intervento dell’Arpa (Agenzia Regionale per l’Ambiente) e le parti interessate (Comune di Ardesio e società Valcanale) ebbe un esito ben diverso e di portata modestissima, poiché dai carotaggi effettuati non furono affatto rinvenute le quantità di materiale paventate, ma solo in piccola quantità ritagli di moquette scartati nelle pavimentazioni dell’albergo, del tutto irrilevanti e nient’affatto inquinanti». I tecnici delle due parti collaborarono per alcuni anni e si giunse anche alla stesura e alla firma di una relazione geologica congiunta, «con interventi ritenuti necessari in piena condivisione, che via via sono stati effettuati e saranno a breve completati a cura e a spese esclusive della società Valcanale».

Poi - si legge ancora nel documento della società -, «la divaricazione insanabile delle rispettive vedute, tant’è che il Comune di Ardesio ha intrapreso avanti al Tribunale di Bergamo un’azione preventiva esulante dalla giurisdizione del Giudice civile, e infatti il Presidente del Tribunale di Bergamo, lette le difese delle parti, l’ha dichiarata tecnicamente (ossia giuridicamente) inammissibile nel dicembre scorso. Il divario tra le tesi dei tecnici delle due parti è insanabile, poiché il geologo del Comune prospetta la necessità di interventi sull’intero comparto montano di Valcanale di Ardesio nell’ordine di circa tre milioni e mezzo di euro quanto al costo, mentre il geologo della società Valcanale è di tutt’altra idea: l’intera zona è infatti soggetta a un naturale e continuo processo di rinaturalizzazione spontanea, in esito al quale riacquisterà la sua originaria destinazione silvo-pastorale. Non occorre, insomma, per la società Valcanale, riportare lassù mezzi meccanici che intraprendano difficili e costose “lavorazioni”, esse sì potenzialmente dannose per l’ambiente così com’è ora».

«Due tesi - conclude la nota della Valcanale srl -, un sindaco attivo (nel frattempo divenuto anche Presidente della Comunità Montana) che segue alla lettera le indicazioni del suo esperto, e la società Valcanale, sempre collaborativa, che prospetta una soluzione ambientale ben ponderata geologicamente e affidata agli spontanei processi naturalistici (fatti salvi, come si è detto, gl’interventi già concordati fra le parti, e che la società privata sta correttamente eseguendo). Tutt’intorno la montagna, e la comunità che ha il diritto di conoscere esattamente come stiano le cose, evitandosi ogni strumentalizzazione politica nell’interesse, appunto, solo dell’ambiente».

© RIPRODUZIONE RISERVATA