Scoppia la guerra dei succhi di frutta
«Martina difende le multinazionali»

Governo a rischio in commissione Affari costituzionali alla Camera sull’emendamento che porta al 20% il minimo di frutta (attualmente il 12%) nelle bevande analcoliche a base di frutta prodotte e commercializzate in Italia.

Governo a rischio in commissione Affari costituzionali alla Camera sull’emendamento che porta al 20% il minimo di frutta (attualmente il 12%) nelle bevande analcoliche a base di frutta prodotte e commercializzate in Italia. Il sottosegretario Sandro Gozi ha reso parere contrario all’emendamento Pd che innalza la quantità minima già approvato a gennaio, contro il parere del governo Letta che venne battuto, in commissione Agricoltura. Alle proteste del Pd, Gozi fatto rinviare la votazione a domattina.

L’emendamento presentato dai deputati del Pd Nicodemo Oliverio e Michele Anzaldi era passato malgrado il parere contrario del governo, che era dunque andato sotto, lo scorso 16 gennaio in commissione Agricoltura. Dopo il voto, i due deputati del Pd avevano cantato vittoria, parlando di «un grande successo per la tutela della salute dei consumatori ma anche dei nostri produttori di frutta, in favore dei quali stiamo combattendo una battaglia che non piace alle multinazionali».

Oggi il sottosegretario Gozi in commissione Politiche Ue ha rinnovato il parere contrario, scatenando le proteste dei commissari del Pd che hanno annunciato di votare comunque a favore della misura. A quel punto, il rappresentante del governo ha chiesto di rinviare la votazione a domattina. «Ci risiamo: non si capisce l’atteggiamento del governo e del ministro Martina che dovrebbe difendere gli interessi dell’agricoltura italiana, non quelli delle multinazionali», rileva Michele Anzaldi.

In precedenzal’organizzazione interprofessionale del comparto ortofrutticolo, OrtofruttaItalia, ha approvato l’accordo sui succhi di frutta ottenuti da agrumi 2014, predisposto in quattro articoli dal comitato di prodotto congiunto arance, limoni e piccoli agrumi. Obiettivo dell’accordo, consegnato al ministro delle Politiche agricole per inoltrarlo poi alla Commissione Europea, è informare l’acquirente in relazione all’origine degli agrumi trasformati.

Le aziende, a partire dal 31 maggio 2014, informa OrtofruttaItalia, indicheranno sui propri prodotti il Paese di origine degli agrumi utilizzati e quindi dove sono stati coltivati e raccolti. Al fine di fornire informazioni sull’origine dei prodotti ottenuti dalla trasformazione di agrumi, nelle relazioni commerciali con altri professionisti, le aziende dovranno indicare sui documenti di vendita il Paese di origine degli agrumi trasformati. Entro il 31 marzo le aziende dovranno poi comunicare all’organismo interprofessionale e al mipaaf per ogni anno solare, la quantità di agrumi acquistati e/o avuti in conferimento nei diversi singoli Paesi di origine, la quantità di prodotto trasformato ottenuta, le quantità vendute e le giacenze alla data del 31 dicembre dell’anno precedente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA