Berlusconi, Salvini
e l’effetto del «gregario»

Il palco di Bologna ha espresso più di una notizia politica nel campo del centrodestra. Anzitutto dopo le elezioni del febbraio 2013 per la prima volta la coalizione dei moderati si è ritrovata unita. Dopo quel voto infatti il Pdl prima si alleò con Enrico Letta e poi firmò il patto del Nazareno con Matteo Renzi. Lega e Fratelli d’Italia invece , in questi due passaggi, sono sempre stati all’opposizione. Dunque il merito di avere ricompattato il centro destra è di chi ha organizzato la manifestazione sotto le Due Torri: Matteo Salvini.

Ha riportato insieme le tre forze dell’ultimo governo Berlusconi e, particolare significativo, ha dato il bentornato sulla scena politica all’ex cavaliere distante da un comizio e da una folla da oltre due anni.

Ma questo però non basta per poter dire che il centro destra è tornato a essere un fronte unito. A Bologna , e non poteva essere diversamente, il microfono è stato occupato dagli slogan, dalle parole d’ordine contro Matteo Renzi e il suo Pd, oltre ai reciproci insulti a distanza tra il capo del Carroccio e il ministro dell’Interno.

Le prossime settimane dovranno invece servire a scrivere una nuova piattaforma politica. L’elettorato moderato, abbandonato da troppo tempo, non può accontentarsi di sapere qual è la linea sugli immigrati e la legge Fornero, deve invece conoscere cosa unisce e cosa divide i partiti di «Matteo, Giorgia e Silvio». I temi sono tanti: lavoro, fisco, sicurezza, sanità, infrastrutture, riforme costituzionali, legge elettorale…

Un’agenda che non può essere ancora accantonata o coperta dagli slogan e dalle singole posizioni. A chi spetta questo compito lo ha indicato sempre Bologna, a Matteo Salvini. Perché in piazza Maggiore si è registrato un passaggio politico che già i sondaggi avevano segnalato: la leadership.

Con coraggio (soprattutto al suo interno) Silvio Berlusconi ha accettato di partecipare a una manifestazione organizzata dal giovane segretario federale, mai dal ’94 un evento ancorchè simbolico, era accaduto dentro il centro destra. Nemmeno dopo la bruciante sconfitta del ’96, la prima vittoria di Romano Prodi. Nemmeno dopo il caso Ruby, tant’è che pur avendo già lasciato Palazzo Chigi sotto i colpi dello spread l’ex cavaliere ha continuato a essere il capo della coalizione.

Da Bologna in poi non è più così, ma siamo solo all’inizio della nuova traversata nel deserto. Sta a Matteo Salvini , naturalmente coordinandosi con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, indicare la rotta e mantenere unito il fronte che si oppone a Matteo Renzi. Un impegno oneroso che si raddoppia per la scadenza a breve delle candidature alle Comunali della primavera 2016.

Milano, Roma, Napoli, Torino e Bologna. Qui oltre alla stesura di un programma vi è la difficoltà sulla natura delle candidature e sul metodo. Nomi politici o tecnici? Primarie o no? Tutto ciò, programma nazionale e scelte amministrative, deve avvenire di corsa, in tempi brevi perché il centrodestra ha perso troppo tempo a causa dell’assenza politica del suo padre nobile e della corsa solitaria del giovane leader leghista.

Due fattori obbligati dalle circostanze. Ora però il tempo è scaduto, l’ultima campanella è suonata a Bologna.

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