Da Roma a Pompei
l’Italia dà scandalo

Quello che sta succedendo in questi giorni a partire da Roma per arrivare a Palermo è il fallimento dell’Italia che non c’è. Il Paese che c’è rispetta l’articolo 1 della Costituzione: l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, e si rimbocca le maniche. La differenza sta tutta qui.

Adesso sappiamo che un autista del tram Atac di Roma guida 700 ore all’anno: a Milano sono 1.200 e persino a Napoli sono di più, 850. Dicono che ciò che ha fatto ridere di più la Signora Merkel nella lunga gestione della crisi greca sia la categorica affermazione dell’ex primo ministro Antoni Samaras con la quale annunciava che sarebbe stato disponibile per gli altri colleghi di governo anche il fine settimana. Concepito come un segno di serietà sulla strada delle riforme è diventato il simbolo del ritardo cronico di una classe dirigente, dell’arretratezza di un Paese. A Roma il partito democratico nel pieno della crisi dei mezzi pubblici ha diffuso il seguente messaggio: «Atac, officine aperte anche il pomeriggio. Una proposta sostenuta dal Pd per migliorare il servizio di trasporti pubblico ai cittadini».

Morale in una città in cui, come denuncia un servizio di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo sul Corriere, gli autobus letteralmente inservibili sono 600 su 2.300 e il 45% circa dei mezzi che giornalmente vanno in panne durante la corsa viene trasportato in officina, ecco in una situazione del genere al pomeriggio i meccanici non lavorano. Un’altra perla di cui sempre il partito democratico rivendica il merito è il fatto che ora con questa amministrazione comunale i rifiuti si raccolgono anche alla domenica. Perché a Roma i cassonetti rispettavano il riposo settimanale e non venivano svuotati.

Ebbene a fronte di uno sfascio del genere il personale Atac ha ritenuto di organizzare uno sciopero bianco, cioè di sabotare il servizio pubblico per il quale lavora e senza il quale sarebbe a spasso in un Paese segnato dalla disoccupazione intorno al 13%.

Ha fatto storia negli anni ’80 la decisione del presidente americano Ronald Reagan di licenziare in blocco tutti gli assistenti di volo. Con la loro prolungata astensione dal lavoro avevano osato mettere a rischio la sicurezza del Paese e il diritto costituzionale dei cittadini di potersi muovere liberamente, senza ricatti. Quanti esodati cinquantenni, espulsi dalla fabbrica e senza reddito non farebbero la firma per avere il posto di lavoro che gli autisti e conduttori dei bus e dei metrò hanno così vilmente offeso. Se vogliamo chiamare i fatti con il loro nome questo è sabotaggio. E che dire di Pompei dove all’improvviso gli addetti si riuniscono in assemblea in piena mattinata quando una fila di turisti sotto il sole aspetta di entrare. È chiaro il ricatto, più i visitatori stanno male, più l’amministrazione viene chiamata a miti consigli.

Ora è evidente che chi si comporta così non sa cosa voglia dire trovare un posto di lavoro. Molte di queste occupazioni sono il frutto del clientelismo politico, dove non conta la capacità professionale ma il rispetto per il padrino alla cui raccomandazione si deve l’impiego pubblico retribuito con i soldi di chi lavora e paga le tasse. L’Atac di Roma ha 12 mila addetti, Alitalia ne ha di meno. La Regione Sicilia ha 23 mila dipendenti regionali, otto volte in più rispetto alla media di tutte le altre regioni. Però in compenso non c’è una rete idrica adeguata. Bisogna prendere atto che in una parte d’Italia avere una vita moderna è diventato impossibile.

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