La Germania accoglie
Una lezione per tutti

Haidenau, Freital luoghi dell’intolleranza verso gli stranieri; Pegida, movimento assembleare che ne diviene l’emblema politico e assembleare. È sparito tutto, Angela Merkel ha rovesciato la medaglia. Il governo di Berlino è diventato l’alfiere dei diritti di centinaia di migliaia di profughi e apre loro le porte dell’opulenta Germania. I loro sogni li hanno gridati in quel di Budapest all’unisono: «Germany», e sono stati accontentati.

Un salto a 360 gradi e improvvisamente il trattato di Dublino è diventato carta straccia. Su quella barriera giuridica si erano attardati per anni i politici e i giuristi. Così tutti gli sbarcati in Italia dovevano restare nel Bel Paese anche se non lo volevano. Avevano toccato terra su quel territorio nazionale e questo era decisivo ai fini dell’accoglienza in Europa.

Ecco, tutto questo è dimenticato, e la Germania scopre un nuovo termine per indicare la svolta: Willkommenskultur (cultura dell’accoglienza) è la parola chiave che gira in tutti i telegiornali, tra i politici e i media di massa, è la nuova frontiera del politicamente corretto. Fino ad ora valeva un altro codice identificativo: Leitkultur, cultura che guida ad essere testimoni della propria identità culturale e storica e a trasmetterla in termini categorici ai nuovi arrivati. E poiché il processo non è di breve durata, ci vogliono appunto tempo e ingressi cadenzati, non di massa. Ecco perché i tedeschi si opponevano alle richieste italiane.

Ma improvvisamente la materia prima, il tempo, è venuto meno, e un nuovo canale di immigrazione si è sviluppato a Est , partendo dalla Turchia. Al che la Germania era assediata sia a Sud che ad Est. Poteva alzare barricate, ma un Paese con un passato come quello tedesco questo lusso non se lo può permettere. E questo spiega perché la maggioranza dell’opinione pubblica si è detta favorevole all’accoglienza in massa. Si contano arrivi stimati nell’ordine di 800 mila profughi, per lo più dalla Siria, e la maggioranza dei cittadini appoggia il capo del governo. Angela Merkel non è persona da fare salti nel buio, ha le antenne lunghe e ha sentito che il momento era arrivato per far dimenticare le durezze e le intransigenze mostrate sul caso greco. Sembra vi sia una contraddizione mentre tutto si svolge all’insegna della continuità, quella che caratterizza il cancellierato Merkel: la morale. Non vi sono più ideologie, scelte di campo politiche, ciò che conta è la tutela dell’interesse nazionale.

E qual è il primo bisogno di un’economia che - per il 2014 - esporta con un avanzo di 220 miliardi di euro, il 7,5 % del prodotto interno lordo tedesco? Quello della stabilità: i clienti in tutto il mondo non si spaventino per i ritorni nostalgici di intolleranza verso gli stranieri. Che non passi il sospetto della superiorità di una nazione in perenne tentazione di imporre la legge del più forte. La rigidità, l’austerità verso la Grecia è la necessità di impedire che la zona euro sia messa a rischio dall’imprevidenza mediterranea e dalle ricette keynesiane degli anglosassoni. L’Europa è vitale per l’economia tedesca. È il suo mercato interno, visto che qui esporta circa il 60% dei suoi prodotti e servizi, è qui che Berlino deve mantenere la stabilità a suo tempo garantita dal marco. Ed è la stessa filosofia che guida l’accoglienza: non turbare i mercati con atti d’intolleranza.Nel solo 2015 ci sono state 130 aggressioni a danni di immigrati e profughi, senza contare gli incendi cosiddetti preventivi a centri di accoglienza, messi in fiamme prima che arrivassero gli ospiti.

La ragion politica ha la vista lunga e per un Paese in crisi demografica l’arrivo di nuova forza lavoro è ben accetto soprattutto se, come quella siriana, è di alto livello professionale. L’unico problema è quello organizzativo, e cioè dell’identificazione. È necessario passare dai 12 mesi attuali ad un mese. E questo spiega il pellegrinaggio a Zurigo dei funzionari tedeschi. Vanno ad imparare come accelerare le pratiche senza ledere i diritti. Dare identità anche a chi non la vuol comunicare, questa è la scommessa. Ma in Germania i centri come quello di Mineo non esistono. A Berlino non si vergognano di prendere le impronte digitali.

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