Il ritorno delle piazze
Il pericolo del nemico

Mercoledì il palazzo della Camera dei Deputati era come assediato: in due piazze diverse, quella antistante palazzo Montecitorio e, qualche metro più in là, la piazza del Pantheon, si erano radunate due folle diverse tra loro ma unite dalla protesta contro la riforma elettorale e la decisione del governo di porre la questione di fiducia sul Rosatellum. Queste due folle erano state convocate dal Movimento 5 Stelle e dalle varie sigle della sinistra antirenziana. Negli stessi luoghi si erano dati convegno gli aderenti al Movimento dei Forconi rifondato da un ex alto ufficiale dei Carabinieri che si è messo in testa che «la gente» debba arrestare i parlamentari. Oltre ai grillini e a Pappalardo sotto l’obelisco egizio erano presenti anche rumorose rappresentanze no-vax che non è chiaro cosa c’entrino con la legge elettorale, però c’erano lo stesso.

Solo un esempio per dire che più la società italiana si frammenta e si allontana dalla politica, più sembra che le piazze si riempiano spesso gonfiandosi di rancore verso il Palazzo. Non serve nemmeno fare l’elenco delle grida che si ascoltano in simili circostanze ma tutti sappiamo che non risparmiano nessuno che abbia un ruolo istituzionale, anche il più alto. Va da sé che a riempire le piazze sono facilitati i movimenti «contro»: vale soprattutto per i 5 Stelle – che sono nati dal famoso «Vaffa-Day» - ma vale per quei pezzi di sinistra più o meno radicale che stanno all’opposizione in funzione anti-renziana. Oggi in quel ruolo protestatario si ritrovano anche ex presidenti del Consiglio ed ex segretari di partito come Massimo d’Alema o Pierluigi Bersani, per dire, e non solo Nicola Fratoianni. Un discorso abbastanza analogo si può fare per la Lega di Matteo Salvini che ha saputo dare al movimento un tono di rivalsa verso le nomenklature e i privilegiati da garantire una certa capacità di occupazione degli spazi. Se si riesce a convocare delle folle, per quanto contenute, su un tema come la riforma elettorale e convincerle che con il Rosatellum ci stia precipitando addosso addirittura una forma moderna di Fascismo, vuol dire che questi partiti «contro» sono sufficientemente in sintonia con il sentimento di fasce importanti dell’elettorato italiano.

Èchiaro che viceversa un partito di governo come il Pd, pur erede di una tradizione di centrosinistra che ha sempre saputo maneggiare bene le piazze e farne strumento di pressione e di consenso, paga la propria identificazione con il potere in tutti questi lunghi anni, compresi quelli della crisi economica che hanno esacerbato gli animi di chi ha pagato di più il collasso del sistema economico-finanziario e la mortificazione del lavoro. Ciononostante il Pd resta l’unico partito in grado di organizzare una rete capillare di feste, cioè di piazze affollate, che coprono più o meno tutta l’Italia radunando centinaia di migliaia di persone. Certo, nulla a che vedere con le adunanze sterminate delle vecchie feste dell’Unità con i mega comizi finali dei segretari del Pci, e nemmeno con le feste democristiane dell’Amicizia che pure avevano il loro successo. Ma di fatto anche il Pd, partito di governo, fa ricorso alla «sua piazza».

Quello che invece è mancato, e continua a mancare in questi anni, è stata la piazza «moderata» di Forza Italia. È vero, si obietterà subito, che i moderati, i borghesi, le persone d’ordine sono assai poco propense a manifestare, dimostrare, protestare sulla pubblica via. Però Berlusconi nel suo ventennio ha saputo trarre forza da un largo pubblico disposto a seguire lui e i suoi obiettivi. Oggi invece la destra radicale che va in piazza ha le caratteristiche di un estremismo radicalmente lontano dal mondo berlusconiano e cavalca spregiudicatamente tematiche come l’immigrazione cercando apertamente la «sollevazione» delle folle. Già, perché il punto è esattamente questo: la folla può essere convocata in piazza per rinsaldare un vincolo tra popolo e classe politica che l’urna elettorale consacra e dunque mantenere il consenso. Ma può anche essere aizzata con violenza verbale contro un Nemico, sia esso il capo del governo o l’immigrato o addirittura il Parlamento. E questo è pericoloso.

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