Il treno dei desideri
direzione ospedale

Ci sono treni che passano una volta sola nella vita e altri che si fanno attendere anche da più tempo. Quello per l’ospedale in realtà c’è già, solo che non si ferma. Oltre il danno la beffa, insomma. Un piccolo passo indietro per inquadrare la situazione. Quando a metà degli anni ’90 viene scelta la Trucca come ubicazione del nuovo ospedale, un peso decisivo ce l’hanno gli aspetti infrastrutturali: l’asse interurbano allora in via di completamento e la linea ferroviaria per Ponte San Pietro già esistente e praticamente a metri zero. In più, con un sapiente colpo di penna, ecco il prolungamento del tram passando per il centro.

Del resto, finché si rimane sulla carta, le idee non costano nulla: i problemi cominciano semmai quando si cerca di passare alla realtà, sia dal punto di vista economico che - molto spesso - politico. O meglio, di peso politico, perché qui le Forche Caudine si chiamano Ferrovie, nelle loro numerose e diverse articolazioni. Dall’esplosione del Moloch delle gloriose Ffss è nata una galassia di società più o meno controllate o incontrollabili, dal punto di vista dell’utente. Ma talvolta anche dell’ente pubblico che cerca un’interlocuzione spesso improbabile, come ben dimostrato in occasione del restyling della stazione di Bergamo, dove il soggetto cambiava secondo il lato dell’edificio: i binari a Rfi, le aree esterne a Sistemi Urbani, la stazione vera e propria a Centostazioni.

Bergamo che è attraversata da parte a parte dai binari: in un Paese minimamente normale sarebbero già stati trasformati in una sorta di ferrovia urbana di tipo metropolitano, come Db ha fatto da anni in qualsivoglia città tedesca. Solo che da questo orecchio (e spesso anche dall’altro...) le Ferrovie non ci sentono proprio. Non solo a Bergamo ma ovunque, come dimostrato dal ritardo atavico di progetti tipo il Passante milanese o le Fn romane. Quindi il problema è prima di tutto di peso politico, quello cioè necessario a far sedere dall’altro lato del tavolo la società giusta e soprattutto a non farsi «intortare» da promesse o scoraggiare da ostacoli tecnici tutti superabili con un po’ di buona volontà.

In tal senso è sicuramente apprezzabile la decisione dell’assessore regionale alle Infrastrutture Alessandro Sorte di chiamare a rapporto Rfi: del resto il Pirellone ha in tasca il 50% di Trenord, ovvero chi in prima battuta dovrebbe gestire il servizio nella sua forma più elementare, una semplice fermata dei treni da e per Ponte San Pietro. Difficile quindi girare la testa dall’altra parte, anche se in passato in molti l’hanno fatto. Sul tavolo ci sono soluzioni differenti, come i relativi costi, ma il modello non può e non deve limitarsi al semplice superamento del problema dell’ospedale.

Ci spieghiamo meglio: stanare le Ferrovie dal loro fortino è davvero un’impresa e chiunque ci riesca deve per forza puntare al bersaglio grosso, perché in questi casi sì che il treno non ripassa più. Ergo, cominciamo dalla fermata dell’ospedale, ma solo come primo step di un progetto che comprenda il tratto da Ponte San Pietro ad Albano Sant’Alessandro o almeno a Seriate. Perché su questa direttrice insistono tre ospedali, un’università, grossi paesi dell’hinterland, la Fiera e la stazione.

Realizzare quindi un servizio di tipo metropolitano con raddoppi dove necessario, parcheggi d’interscambio e corse cadenzate sarebbe la vera svolta della mobilità, cittadina e non. Bene quindi ha fatto il Pirellone ad aprire le ostilità, ora tocca anche ai nostri rappresentanti a Roma fare altrettanto, supportati dal territorio. Solo così il treno dei desideri passerà davvero da qui, e non una volta sola.

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