Il valore delle donne
nella Chiesa

«Nella storia della Chiesa ci sono state le diaconesse, possiamo pensare a questa possibilità». Lo aveva detto il cardinal Carlo Maria Martini, quando era arcivescovo di Milano, come proposta per venire incontro al crescente bisogno di una Chiesa in cui le vocazioni scendono e l’età media dei sacerdoti cresce sempre più. Sono passati 30 anni da quell’uscita che aveva suscitato un grande dibattito, ed è un altro gesuita, Papa Bergoglio, a rilanciare il tema.

È accaduto ieri durante l’udienza di Francesco con l’Unione internazionale delle superiore generali, cioè alle responsabilità degli ordini femminili. Nella parte dedicata alle domande gli è stato chiesto perché la Chiesa esclude le donne dal servire come diaconi. Le religiose hanno ricordato a Francesco che le donne servivano come diaconi nella Chiesa primitiva. E hanno lanciato la proposta: «Perché non costituire una commissione ufficiale che possa studiare la questione?» . Il Papa, com’è nel suo stile, non si è trincerato dietro discorsi di principi, ma ha raccolto la sfida. Ha rivelato di averne parlato qualche anno fa con un «buon, saggio professore», che aveva studiato il ruolo delle donne diacono nei primi secoli della Chiesa. «Che cos’erano questi diaconi femminili?», ha ricordato il Papa di avere chiesto al professore. «Avevano l’ordinazione o no?». «Qual era il ruolo della diaconessa in quel tempo?». «Costituire una commissione ufficiale che possa studiare la questione?», ha quindi commentato Bergoglio ad alta voce. «Credo di sì. Sarebbe bene per la Chiesa chiarire questo punto. Sono d’accordo. Io parlerò per fare qualcosa del genere». E poi ha confermato: «Mi sembra utile avere una commissione che lo chiarisca bene». Il percorso è tracciato: sarà una commissione a studiare quale ruolo avessero quelle «diaconesse» che secondo molte testimonianze esistevano nelle antiche chiese occidentali e orientali: agli inizi del cristianesimo esisteva certamente una diaconia femminile a cui fa riferimento anche san Paolo mentre si ha notizia di diaconesse che in Siria nel III secolo aiutavano i sacerdoti a battezzare le donne.

Tuttavia la porta aperta dal Papa ieri ha soprattutto un altro significato: dice dell’importanza del ruolo delle donne in questo momento della storia della Chiesa. Il Papa ha sempre ammonito a non guardare la questione in modo “clericale”, cioè solo nella prospettiva del sacerdozio femminile. «Le donne nella Chiesa devono essere valorizzate, non “clericalizzate”. Chi pensa alle donne cardinale soffre un po’ di clericalismo», aveva detto in un’intervista alla Stampa nel Natale 2013. Bergoglio piuttosto vuole che le donne con la loro sensibilità e la loro esperienza possano accedere nei ruoli decisionali della vita della chiesa.

«La Chiesa ha bisogno che le donne entrino nel processo decisionale. Anche che possano guidare un ufficio in Vaticano», ha detto ieri. E poi con la franchezza del suo linguaggio ha sottolineato come «troppe donne consacrate sono “donnette” piuttosto che persone coinvolte nel ministero del servizio». Cioè pienamente responsabilizzate. La Chiesa, ha detto in più occasioni Francesco, deve vincere il vizio del maschilismo. Per farlo deve aprirsi al genio femminile, perché «senza le doti della donna la vocazione umana non può essere realizzata», aveva detto nel gennaio 2014 parlando alle rappresentanti del Centro italiano femminile. E cosa sono queste doti delle donne? Proprio quelle che lui sta indicando dal primo giorno del suo pontificato a tutti gli uomini: apertura e attenzione all’altro, capacità di accoglienza e di dialogo, coraggio nell’aprire le porte ed abbattere i recinti. E poi pazienza e discernimento davanti alle grandi questioni del nostro tempo.

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