Italia in ginocchio
e caccia alle colpe

Piove, governo ladro. La titolarità di questa espressione è controversa, ma da metà ’800 è entrata nel lessico dei cittadini a significare la responsabilità attribuita ai governi per tutto ciò che non funziona nella vita pubblica. I nostri tempi di crisi economica non fanno eccezione, anzi: la rabbia sociale si scarica su chi ha le redini del Paese, facendo tabula rasa di ogni possibile seria riflessione sui problemi e sulle competenze. Il portavoce politico più agguerrito di questa scorciatoia (piove, governo ladro) è il buon Matteo Salvini. Giovedì sul suo profilo Facebook è comparso un video reportage nel quale il nostro raccoglie in diretta le testimonianze di sindaci e cittadini dall’Abruzzo colpito dal terremoto e dall’eccezionale nevicata e le loro comprensibili lamentele per i ritardi dei soccorsi, l’assenza di generatori di elettricità e di acqua potabile. Una documentazione di rabbia e denunce, peraltro già registrate nei quotidiani in edicola proprio nel giorno (giovedì) in cui il leader leghista compiva il suo viaggio e mercoledì nelle edizioni serali dei tg.

A suggello della giornata, Salvini è andato poi a scaldarsi in uno dei salotti televisivi dove è un habitué: ospite di Lilli Gruber a «Otto e Mezzo», calzava doposci per dimostrare, a chi non lo avesse visto sui social, di essere stato nelle zone terremotate. Va bene. Le intemerate del segretario federale della Lega sono piccola cosa rispetto ai problemi del Centro Italia. Se non per una domanda che riguarda un certo modo presunto «pragmatico», ma in realtà bullo, di fare opposizione da parte non solo del capo del Carroccio: il compito della politica è denunciare i guai o cercarne le possibili soluzioni? E se la risposta è la seconda: è da illusi immaginare che chi non siede in maggioranza giochi responsabilmente il proprio ruolo studiando i problemi e individuando risposte migliori di quelle mese in campo da Palazzo Chigi, pungolandolo nel velocizzare i percorsi?

Proviamo allora a mettere in fila alcuni problemi e i diversi livelli di responsabilità. A partire dal contesto: dal 24 agosto scorso il Centro Italia è stato colpito da 45 mila scosse di terremoto e, in questi giorni, da un’eccezionale nevicata a conferma, quest’ultima, di un cambiamento delle modalità d’azione del maltempo, violente e concentrate in un tempo breve. Siamo cioè di fronte a qualcosa di inedito: la presunzione è quindi fuori luogo. La macchina dei soccorsi ha faticato a tenere il passo dell’emergenza, rispetto però a un fronte in continuo allargamento. Il governo Renzi peccò di efficientismo e di promesse. A settembre fu annunciata la creazione del dipartimento di Prevenzione, che avrebbe affiancato quello della Protezione Civile: a quattro mesi dall’annuncio non è ancora operativo e la giustificazione che nel frattempo a Palazzo Chigi c’è stato il cambio d’inquilino è debole. C’è poi un paradosso: le gare pubbliche per le forniture di materiali richiedono l’imprimatur degli organismi di vigilanza, a cominciare dall’Agenzia nazionale anticorruzione; la lotta al possibile malaffare ritarda quindi il passo delle risposte certe nell’emergenza.

Il sisma ha riportato alla luce mali cronici nel Paese. Su tutti, ancora l’inadeguatezza della Pubblica amministrazione, i suoi deficit organizzativi e di comunicazione (solo tre Comuni su cento informano i residenti su come prevenire e arginare i rischi legati al maltempo, secondo un dossier di Legambiente). Dire «piove, governo ladro» deresponsabilizza altri livelli dello Stato, come gli enti locali che anche nel Centro Italia non hanno vigilato sulla correttezza dell’edificazione dei territori, tollerando quando non sanando gli abusi. Ma l’emergenza chiama in causa anche le responsabilità dei cittadini. Nel suo tour in Abruzzo, Salvini registrando l’assenza di generatori elettrici, ha ignorato un fatto rilevante: in Abruzzo da cinque giorni 100 mila persone sono prive di luce e riscaldamento ma negli ultimi anni una parte della comunità abruzzese si è contrapposta duramente agli investimenti di Terna (gestore della rete Enel) per potenziare gli elettrodotti esistenti, sostituendoli con impianti più moderni. La modernizzazione in quel pezzo d’Italia riguarda anche la rete viabilistica. I borghi laziali nella zona di Amatrice si raggiungono attraverso la «Salaria» risalente all’epoca romana: da Rieti sarebbe dovuta passare la Roma-L’Aquila ma il progetto è rimasto nel cassetto. La viabilità stradale è quindi un problema, come quella informatica: decine di paesi non sono collegati a internet.

Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni è stato ingiuriato pesantemente dal popolo dei social perché mentre il Centro Italia è sotto lo scacco di nuove scosse e dell’eccezionale nevicata, era in visita in Germania dal cancelliere Angela Merkel «a parlare di migranti». Ma in quel vertice Gentiloni ha chiesto anche che l’Europa a trazione tedesca corregga la rigidità contabile, che prevede tra l’altro una flessibilità concessa col contagocce per le spese dell’emergenza terremoto in quei bellissimi borghi , culla della civiltà del Vecchio continente.

Dalla vastità di questa emergenza emergono però testimonianze utili per imparare, ognuno nelle proprie responsabilità, ad andare al cuore dei problemi con slancio e lealtà: sono quelle dei soccorritori che in queste ore stanno salvando vite umane in Abruzzo. In gioco non ci sono rendite elettorali spicciole ma un pezzo della nostra cara, fragile Italia.

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