La Chiesa è forte
della sua debolezza

Papa Francesco sta ultimando (ha appena ultimato) il suo viaggio in America Latina. Come da previsione, o forse al di là delle stesse previsioni, è stata una passeggiata, faticosa per lui, ma trionfale: folle strabocchevoli, entusiasmo straordinario. Alla fine il credente che si sente nella Chiesa si mette, in qualche modo, nei panni di Francesco e gode con lui di quel successo.

L’approvazione tributata al Papa riverbera su tutta la Chiesa. La Chiesa si sente forte, di una forza non imposta dall’alto, ma venuta dal basso, dall’adesione spontanea della gente. Intanto, se non proprio in questi giorni a Chiesa in altre parti del mondo, continua a essere perseguitata. È un luogo comune, ormai, ma è tragicamente vero perché confermato dai fatti: i cristiani non sono mai stati così perseguitati come oggi.

E mai come oggi è apparso in maniera netta lo strano perché di quella persecuzione: sono perseguitati soltanto perché cristiani. Nessun’altra confessione religiosa sta subendo violenze paragonabili a quelle subite dai cristiani. Vale la pena ricordare, ancora una volta, i dati impressionanti che sono stati commentati, a più riprese, dall’informazione: le stime più prudenti parlano di settemila cristiani uccisi ogni anno e di 100 milioni di cristiani perseguitati nel mondo.

Dunque, la Chiesa appare forte e trionfante e, insieme, debole e perseguitata. E si ha la sensazione che i due estremi, nei tempi vicini a noi, si sono rafforzati: la forza e, insieme, la debolezza della Chiesa sono aumentate. Si può liquidare il paradosso, dicendo semplicemente che è sempre stato così. Può darsi. Ma la forza e la debolezza della Chiesa di oggi sono diverse e si affrontano diversamente rispetto al passato. Oggi la forza della Chiesa è sempre più interna alla Chiesa stessa: la Chiesa è forte quando è fortemente Chiesa, fatta di gente che crede al Vangelo e lo vive.

È affascinante un ragazzo che ha lavorato tutto l’anno in oratorio per i ragazzi del suo paese e, tanto per riposare, fa le sue vacanze in Africa, per «dare una mano» in un villaggio sperduto del Malawi. Ma è affascinante per chi si lascia affascinare. La testimonianza è come la corrente elettrica: ha bisogno di contatto per passare. Oppure, all’altro capo del mondo, succede che il Papa arriva in Bolivia e la Chiesa boliviana diventa folla. Qui il contatto accende la lampadina: la Chiesa vede se stessa e si fa vedere alla società, quella vicina e quella lontana.

Invece, la debolezza della Chiesa appare soprattutto nei suoi rapporti diretti con la società: la società politica e civile, l’economia, la cultura, il costume. Qui la Chiesa diventa un piccolo frammento del mondo vastissimo e vi si perde. La Chiesa forte dentro (non sempre, però. La Chiesa è forte quando è forte, come il cielo di Lombardia così bello quand’è bello) diventa debole fuori. Non solo, ma lo stesso dna dell’anima cristiana parla di servizio, di dono, di vita spesa per gli altri: insomma la Chiesa «buona» è una Chiesa fragile.

Ora, una Chiesa fragile in una società dominata dalla logica della forza diventa perdente per vocazione. Anzi, la debolezza della Chiesa può diventare l’incentivo per chi vuole usare la forza contro di lei. È psicologia spicciola quella che ricorda che il persecutore si sente forte quando il perseguitato è debole. Per restare a casa nostra, si può ricordare che la Chiesa, negli organi di informazione occidentali, è spesso oggetto di sberleffi di ogni genere. La Chiesa non reagisce perché è inutile e perché le reazioni aggraverebbero la situazione. La stessa stampa usa molti riguardi verso l’Islam, invece, anche perché ha paura, già prima di Charlie Hebdo e molto di più dopo. È facile essere forti con i deboli. La favola del lupo e dell’agnello si ripete.

La Chiesa, in effetti, non può reagire con la forza a chi le usa forza, perché la Chiesa della forza non sarebbe più la Chiesa di Gesù di Nararet, il Crocifisso. L’accettazione della debolezza è, per la Chiesa, la condizione stessa per vivere.

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