La concretezza
del primo settore

Nell’affannosa ricerca di soldi, il governo Renzi aveva congegnato di aprire il 5 per mille anche alle scuole. Un’ipotesi per fortuna scongiurata, almeno per ora. Nato nel 2006 e accolto con grande consenso dai contribuenti, questo dispositivo fiscale permette ai cittadini di devolvere una quota (il 5 per mille appunto) dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) versata allo Stato, a vantaggio di realtà del non profit, oltre che dei Comuni di residenza del contribuente, a sostegno di attività sociali.

Una scelta completamente gratuita per il contribuente, perché la quota che arriva alle associazioni del Terzo settore è trattenuta dal denaro che altrimenti andrebbe allo Stato, al quale resta l’importo se il contribuente non indica alcuna scelta. L’apprezzamento del 5 per mille è misurabile: nel 2013 hanno firmato ben 14 milioni di italiani, assegnando al non profit 390 milioni di euro.

Nella Bergamasca le firme sono state 137 mila per un contributo di 3,7 milioni che saranno distribuiti a 1.083 enti. È possibile anche stilare una classifica dei maggiori beneficiari: in testa il Cesvi, l’organizzazione non governativa che opera sul fronte della cooperazione internazionale, al secondo posto l’Associazione Paolo Belli per lotta contro la leucemia, seguita dal Villaggio della Gioia di padre Fulgenzio Cortesi, in Tanzania. Sono tre realtà diverse per vocazione, struttura e finalità, ma accomunate da concretezza e visibilità dei risultati.

Il Cesvi festeggia quest’anno i 30 anni di vita, è un’organizzazione laica impegnata nella solidarietà internazionale: 66 sedi nel mondo, l’86% delle spese (questo è un dato sensibile per pesare l’utilizzo dei fondi, pubblicizzato sul sito dell’ong) va ai 150 progetti di sviluppo o per le emergenze umanitarie.

La Paolo Belli ha mosso invece i primi passi ufficialmente nel 1992 ma già un anno prima il nucleo originario era attivo per trasformare il lutto e il dolore per la morte di un amico e compagno di basket (Paolo Belli appunto) nella leva per combattere il male che lo aveva strappato alla vita a soli 24 anni. In questo tempo quella leva ha dato grandi frutti, dai centri di accoglienza per malati e familiari, al sostegno alla ricerca, grazie al contributo economico di tanti cittadini e al lavoro gratuito di decine di volontari.

Il Villaggio della Gioia è una «città» che offre ai bambini orfani (attualmente sono 120) e di strada di Dar es Salaam e della Tanzania, la possibilità di crescere in una dimensione familiare. Nelle scuole del Villaggio studiano 800 allievi. Ma i numeri dell’opera sono in costante crescita. È nata nel 2002 dal carisma e dal cuore di padre Fulgenzio Cortesi, Passionista di Castel Rozzone, che poi ha anche fondato l’istituto religioso «Mamme degli orfani».

È interessante notare come due delle tre associazioni al vertice della classifica sono impegnate nel mondo, a conferma dell’apertura della nostra terra e sconfessando certi stereotipi che la raccontano chiusa nelle sue mura. La classifica premia la capacità degli enti di promuovere risultati visibili, ma non è un referendum sulle migliori prestazioni delle organizzazioni del non profit, dove figura anche l’impegno nella ricerca scientifica e dello sport dilettantistico.

Ci sono piccole realtà che fanno un lavoro gratuito encomiabile ma non hanno i requisiti per accedere al 5 per mille. O enti importanti (come ad esempio la Caritas bergamasca attraverso l’Associazione Diakonia) che nella corsa alla donazione tengono per scelta un profilo basso, senza campagne ad hoc, lasciando la strada libera a chi punta sull’introito fiscale. Chiamare questo mondo Terzo settore ( rispetto allo Stato e al privato non sociale) è corretto ma riduttivo. In tanti campi è Primo settore, per la mole e la qualità delle realizzazioni. Se ne è accorto il governo, che con la legge di Stabilità 2015 ha reso definitivo il 5 per mille. Finalmente.

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